Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 10485 - pubb. 29/05/2014

Presentazione di un esposto disciplinare e responsabilità aquiliana. Tesi giuridiche contraddittorie, abuso del processo e responsabilità ai sensi dell’art. 96 c.p.c.

Tribunale Verona, 28 Febbraio 2014. Est. Vaccari.


Fatto illecito – Responsabilità extracontrattuale – Presentazione di un esposto lesivo dell’altrui reputazione – Responsabilità dell’autore dell’esposto – Sussiste

Affermazione di tesi giuridiche opposte in due distinti giudizi da parte della stessa parte che si trovi ad essere convenuta in uno e attrice nell’altro – Abuso del processo – Sussiste

Presupposti di applicazione dell’art. 96, terzo comma c.p.c. – Necessità dei presupposti soggettivi di cui al primo comma dell’art. 96 c.p.c. – Sussiste



La presentazione di un esposto disciplinare nel quale vengano attribuite al denunciato condotte lesive del suo onore poi rivelatesi infondate integra un fatto illecito, fonte di responsabilità ai sensi dell'articolo 2043 c.c.. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Integra una ipotesi di abuso del processo, come tale sanzionabile ai sensi dell’art. 96, terzo comma c.p.c., l’azione proposta da una parte sulla base di presupposti giuridici opposti a quelli che la stessa parte abbia sostenuto in un altro precedente giudizio, nel quale sia stata convenuta dallo stesso contraddittore e che sia ancora pendente in grado di appello al momento dell’inizio del secondo giudizio. Tale iniziativa  assume infatti tutti i caratteri di una reazione all’esito, evidentemente non gradito, del giudizio in cui era stato convenuto, al di fuori della sede consentita dall’ordinamento, che era quella del giudizio di gravame avverso la sentenza sfavorevole (nel caso in esame la parte ritenuta responsabile di abuso del processo aveva sostenuto che la presentazione di un esposto nei confronti di un professionista non può nemmeno astrattamente avere valenza diffamatoria mentre nel successivo giudizio aveva agito nei confronti della parte che lo aveva convenuto nel primo giudizio, assumendo che la propria reputazione era stata lesa da un esposto che quello aveva presentato nei suoi confronti). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

In virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 96, terzo comma c.p.c. deve ritenersi che presupposto per l’applicazione di tale norma è che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ossia la sussistenza dei medesimi requisiti soggettivi di cui al primo comma dell’art. 96 c.p.c. Risulta infatti evidente che, se si .prescindesse dai predetti requisiti, il solo agire o resistere in giudizio sarebbe sufficiente a giustificare la condanna, soluzione che pare in contrasto con il parametro dell’art. 24 Cost.. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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