Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 17844 - pubb. 01/07/2010

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Cassazione civile, sez. I, 06 Maggio 1992, n. 5358. Est. Bibolini.


Fallimento - Organi preposti al fallimento - Giudice delegato - Provvedimenti - Reclami - Provvedimento del giudice delegato di esecuzione di un piano di riparto parziale - Reclamo - Decreto di sospensione del riparto e di accantonamento delle somme emesso dal Tribunale fallimentare - Ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. - Inammissibilità



È inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato che abbia reso esecutivo un piano di riparto parziale, abbia ordinato la sospensione del riparto e l'accantonamento delle somme fino all'esito del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, ritenendo sussistenti i presupposti previsti dall'art. 113 n. 3 legge fallimentare, atteso che tale decreto difetta di carattere decisorio, in quanto non incide sui diritti soggettivi dei creditori, ne' limita le possibilità di soddisfarne i crediti, ma assume solo natura cautelare ed ordinatoria circa tempi, cadenze e modi del riparto. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Giuseppe SCANZANO Presidente

" Paolo VERCELLONE Consigliere

" Pellegrino SENOFONTE "

" Angelo GRIECO "

" Gian Carlo BIBOLINI Rel. "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 2995-87 proposto

da

AVV.TI EUGENIO DELLA VALLE e SANDRO TURINI, entrambi rappresentanti e difesi, per mandato a margine del ricorso, dall'Avv. Giorgio della Valle presso il quale in Roma, Piazzale Clodio n. 22, sono elettivamente domiciliati;

Ricorrenti

contro

GUAZZINI MARIA LUISA, SANTINI ALESSANDRO E SALVATORI GASTONE, nonché:

RAG. ZILLI ORONZO, nella veste di curatore del fallimento di Ferrarini Vittorio;

DOTT. MARCELLO PAGLIACCI, nella qualità di curatore speciale dei fallimenti di Feliciangeli Guido e di Salvatori Alessandro;

DOTT. CESARE CICCHETTI, nella qualità di curatore speciale del fallimento della s.n.c. irregolare tra Ferrarini Vittorio, Feliciangeli Guido e Salvatori Alessandro;

Intimati

e nel ricorso n. 3964-87 proposto

da

MARIA LUISA GUAZZINI, SALVATORE GASTONE, ALESSANDRO SANTINI, rappresentati e difesi, giusta delega a margine del controricorso, dagli Avv.ti Franco Belli e Michele De Novellis, presso lo studio dei quali in Roma, Circonvallazione Clodia n. 80, hanno eletto domicilio.

contro

AVV. EUGENIO DELLA VALLE;

AVV. SANDRO TURINI

Intimati

avverso il decreto del tribunale di Rimini in data 5-2-9-2-1987 in sede di reclamo ex art. 26 L.F., comunicato in dì 11-2-1987. Udita la relazione svolta dal con. Gian Carlo Bibolini;

Uditi gli Avv.ti della Valle e De Novellis i quali, rispettivamente, hanno chiesto l'accoglimento ed il rigetto del ricorso;

Udito il P.M. Dr. SERGIO LANNI che ha concluso chiedendo l'accoglimento del primo motivo di ricorso principale con assorbimento degli altri motivi nonché per l'accoglimento del ricorso incidentale condizionato.

(N.D.R.: La discordanza fra i nomi delle Parti citate nell'intestazione e nel testo della sentenza è nell'originale della sentenza).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli Avvocati Eugenio della Valle e Sandro Turini, con ricorsi del 16-1-1985 avevano chiesto, con tardività ex art. 101 L.F., l'ammissione al passivo dei fallimenti personali rispettivamente di Guido Feliciani e di Alessandro Salvatori, di loro crediti privilegiati ex artt. 2755 e 2770 c.c. per L. 11.153.300 e 10.696.820; dette somme, secondo la domanda, erano state liquidate a loro favore, quali antistatari ai sensi dell'art. 93 c.p.c., dal Tribunale di Rimini che, con sentenza in data 18-10-1984, avevano rigettato l'opposizione alla dichiarazione di fallimento personale proposta da Guido Feliciani e da Alessandro Salvatori. Il giudice delegato, con provvedimento de plano, ammetteva al passivo dei due fallimenti indicati i crediti come richiesti. Su istanza dei due attuali ricorrenti di predisposizione di un piano di riparto, in quanto crediti di pari collocazione erano già stati soddisfatti, si diede luogo alla relativa procedura di riparto parziale con un piano predisposto in tal senso dal curatore e reso esecutivo con decreto del 19-12-1986 del giudice delegato. Avverso il decreto di esecutività del piano di riparto proponevano reclamo al Tribunale di Rimini i creditori signori Maria Luisa Guazzini, Gastone Salvatori e Alessandro Sartini, reclamo che veniva accolto con decreto in data 5-9-2-1987. In particolare il Tribunale indicato, ritenuto che le sentenze di rigetto della opposizione alla dichiarazione di fallimento, con cui erano stati liquidati i compensi agli attuali ricorrenti, essendo state appellate, non erano esecutive, neppure provvisoriamente:

che l'avvenuta insinuazione tardiva doveva ritenersi sospensivamente condizionata (condicio iuris);

che la condicio iuris, a differenza della condicio facti, non richiedeva una esplicita riserva;

che l'ammissione doveva ritenersi comunque subordinata al passaggio in giudicato della pronuncia favorevole agli antistatari;

tanto premesso, riteneva sussistenti tutti i presupposti dell'art. 113 n. 3 L.F., per cui ordinava la sospensione del progetto di riparto e l'accantonamento delle somme fino all'esito del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento. Avverso detto provvedimento proponevano ricorso per cassazione gli Avv.ti Eugenio della Valle e Sandro Turini, deducendo tre motivi; si costituivano con controricorso e ricorso incidentale Maria Luisa Guazzini, Gastone Salvatori e Alessandro Sartini, il cui avvocato ha depositato note di udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre riunire al fascicolo n. 2955-87, quello n. 3964-87, numero sotto il quale è stato rubricato l'atto qualificato semplicemente come "controricorso" dai sig.ri Maria Luisa Guazzini, Gastone Salvatori e Alessandro Santini, e che non comprende specifici e chiari motivi di ricorso incidentale.

Con il primo mezzo di cassazione i ricorrenti deducono la nullità del procedimento e del decreto impugnato per violazione dell'art. 101 L.F., lamentando che a loro non era mai stata data notizia del reclamo, fino al giorno 11-2-1987, allorché era stato loro comunicato il provvedimento del Tribunale conclusivo del procedimento relativo; si dolevano, pertanto, della violazione del diritto al contraddittorio con conseguente nullità dell'intero procedimento di reclamo.

Con il secondo mezzo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 95 L.F. e la falsa applicazione ell'art. 113 n. 3 L.F. e 26 L.F., dolendosi, in particolare, del fatto che il tribunale di Rimini, in sede di reclamo, abbia qualificato il loro credito come sottoposto a "condicio iuris" sospensiva, mentre il decreto di ammissione allo stato passivo non conteneva alcuna riserva, ne' cenno alcuno vi era a condizionamenti dell'ammissione stessa, per cui il Tribunale avrebbe arbitrariamente modificato un provvedimento definitivo, ancorché mediante un fatto interpretativo.

Con conseguenza delle situazioni dedotte nel secondo mezzo i ricorrenti sostenevano che il Tribunale, modificando il provvedimento di ammissione al passivo del loro credito, aveva violato le norme sulla competenza funzionale del giudice delegato.

Pregiudiziali alla valutazione dei mezzi di cassazione dedotti, sono le eccezioni di inammissibilità del ricorso principale sollevate dai controricorrenti sotto un duplice profilo, e cioè:

a) per essere venuto, comunque, meno l'interesse dei ricorrenti principali, di fronte ad un provvedimento del giudice delegato il quale, disponendo a norma dell'art. 100, comma 3 L.F. nella causa di impugnazione dell'ammissione dei crediti degli Avv.ti Eugenio Della Valle e Sandro Turini, (impugnazione promossa dal sig. Alessandro Santini), aveva ordinato il 26-2-1987 l'accantonamento delle somme spettanti agli attuali ricorrenti principali;

b) per essere carenti, nel provvedimento del Tribunale di Rimini, oggetto del ricorso principale, i presupposti di applicabilità dell'art. 111, comma 2 della costituzione. Quest'ultima eccezione, che attiene a situazioni inerenti alla natura dello stesso provvedimento impugnato, deve precedere l'altra relativa a situazioni eventualmente sopravvenute (il provvedimento di accantonamento del giudice dell'impugnazione di terzo dell'ammissione dei crediti, è successivo al decreto del Tribunale emesso sul reclamo, ancorché anteriore al ricorso per cassazione). Occorre, quindi, pregiudizialmente valutare se il provvedimento del Tribunale di Rimini in data 9-2-1987, con cui è stato sospeso il riparto parziale già disposto dal giudice delegato e dichiarato esecutivo, statuendosi nel contempo l'accantonamento delle somme relative, pur emesso nella forma del decreto, avesse la natura sostanziale di "sentenza" secondo il significato dell'art. 111, comma 2 Cost., nella linea interpretativa ormai risalente di questa Corte (v. Cass. S.U. 30-7-1953 n. 2593; Cass. S.U. 6-11-1984 n. 5603; Cass. S.U. 23-10-1986 n. 5603). Seguendo questo indirizzo, i parametri ai quali ragguagliare il concetto sostanziale e costituzionale di "sentenza", sono la "decisorietà", che si richiama in relazione agli effetti di diritto sostanziale scaturenti dal provvedimento, e la "definitività", che si specifica nell'assenza di rimedi ordinari idonei a consentire un riesame del provvedimento, sia nell'ulteriore corso del giudizio, sia in fase di impugnazione.

Decisorio, in definitiva, è il provvedimento di giurisdizione che, qualunque sia la sua forma (ancorché quella dell'ordinanza o del decreto), incide su diritti soggettivi avendo piena attitudine a produrre, con efficacia di giudicato, effetti di diritto sostanziale o processuale sul piano della composizione degli interessi contrapposti e che, non soggetto ad alcun altro rimedio, può determinare un irreparabile pregiudizio della parte soccombente, senza possibilità di riesame ad opera del supremo organo di giurisdizione. La decisorietà, di conseguenza, è irrilevante se il provvedimento è modificabile o revocabile da parte del giudice che lo ha pronunciato precludendo l'efficacia di giudicato ex art. 2909 c.c. Giova ricordare che, seguendo la linea logica indicata, questa Corte ha escluso la ricorribilità avverso il provvedimento processuale di sospensione, del quale è stato ritenuto il carattere ordinatorio in quanto diretto a regolare soltanto l'attività processuale al fine di evitare contrasti di giudicati (v. Cass. sent. 23-4-1984 n. 543), così come avverso l'ordinanza disponente la sospensione dell'esecuzione provvisoria della sentenza di I grado nel rito del lavoro (Cass. 6-11-1984 n. 5603). Identicamente è stata costantemente esclusa l'impugnabilità ex art. 111, comma 2 Cost. dei provvedimenti cui sia stata riconosciuta natura cautelare, e tra essi quelli relativi all'esecuzione provvisoria delle sentenza, in quanto non attinenti all'appartenenza del diritto e non idonei a menomare diritti della parti (v. Cass. 28-1-1984 n. 57). Nel caso di specie il provvedimento che, nell'ambito della unitaria e complessa procedura concorsuale, si inserisce nel sub procedimento di ripartizione dell'attivo, contiene due statuizioni, tra di loro correlate e coordinate: una, con cui è stata disposta la sospensione del riparto parziale; altra, con cui è stato ordinato, in relazione alle somme dovute ai due professionisti in base al provvedimento di ammissione al passivo, l'accantonamento fino alla definizione del giudizio di opposizione alla dichiarazione del fallimento.

È ovvio che l'interesse dei creditori alla proposizione del ricorso per cassazione non si puntualizza sul provvedimento di accantonamento, in sè e per sè considerato, la cui finalità è meramente cautelare della capienza dei loro diritti, pur in presenza di un prolungamento dei tempi del riparti, ma essenzialmente sulla statuizione della sospensione del riparto parziale, che nega l'attualità delle loro possibilità satisfattive, coinvolgendo solo di riflesso l'accantonamento che, qualora venisse esclusa la sospensione, diverrebbe superfluo.

Alla base, inoltre, del provvedimento di diniego della sospensione da parte del giudice delegato, come richiesto da parte degli attuali controricorrenti con osservazioni al progetto di riparto (decreto 16-12-1986 con conseguente dichiarazione di esecutività del riparto parziale) e di quello disponente la sospensione emesso dal Tribunale di Rimini a seguito di reclamo (decreto 5-9-2-1987), esiste una situazione processuale che nelle sue cadenze, in allora verificatesi, è così descrivibile:

1) il titolo, sul quale i ricorrenti attuali avevano fondato il loro credito, era una sentenza di rigetto di domanda di revoca delle sentenze dichiarative di fallimento, procedimento nel quale essi avevano svolto attività professionale, divenendo destinatari della liquidazione delle spese di causa, in quanto antistatari;

2) la sentenza di rigetto dell'opposizione alla dichiarazione di fallimento, non era divenuta giudicato, pendendo appello;

3) il giudice delegato, a chiusura delle domande di insinuazione tardive ex art. 101 L.F., aveva ammesso al passivo fallimentare i due crediti, come richiesto;

4) Uno degli attuali controricorrenti, ancor prima della presentazione delle osservazioni al progetto di ripartizione parziale, con atto notificato al curatore il 10-11-1986, con atto notificato al curatore il 10-11-1986 aveva proposto impugnazione ex art. 100 L.F. all'ammissione dei crediti dei due attuali ricorrenti, in un processo la cui prima udienza veniva fissata in epoca successiva alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo ed al provvedimento sul reclamo.

Alla descritta situazione processuale, il giudice delegato, rifiutando la sospensione del riparto parziale, ed il tribunale decidendo il reclamo, hanno dato differenti interpretazioni. Il primo, infatti, ritenne che la sentenza, sulla cui base i crediti erano stati ammessi, fosse "titolo esecutivo provvisorio" per cui, nel caso di riforma nel prosieguo di detto procedimento, non escludeva potersi caducare la disposta ammissione al passivo, ammissione che, in quanto fondata su un titolo provvisoriamente esecutivo, era soggetta ad una "condicio iuris" risolutiva, non richiedente un'espressa riserva in fase di ammissione e comunque non integrante la fattispecie dell'art. 113, comma 3 L.F.. Ritenne, per contro, il Tribunale che, ai sensi dell'art. 19 L.F., la sentenza di rigetto dell'opposizione a dichiarazione di fallimento non fosse provvisoriamente esecutiva, per cui l'ammissione al passivo su quella base era soggetta a "condicio iuris" sospensiva e, come tale, integrante la fattispecie dell'art. 113, comma 3 L.F., che imponeva l'accantonamento delle somme.

L'oggetto del contendere, quindi, era attinente essenzialmente alla seguente questione: procedere con immediatezza al riparto parziale, costituente un correttivo in favore dei creditori alla durata della procedura fallimentare ed altresì un'operazione consequenziale dovuta, ma pur suscettiva di essere dilazionata ex art. 110, comma 1 L.F. per ragioni rimesse all'apprezzamento del giudice del merito e non sindacabili in cassazione (v. Cass. sent. n. 658-778); non procedere, in alternativa, al riparto parziale attuale (e, quindi, nel contrasto tra giudice delegato e Tribunale fallimentare, sospendere il progetto di riparto parziale dichiarato esecutivo), e ciò a tutela della massa dei creditori nell'eventualità che la sentenza costitutiva della situazione giuridica ammessa fosse riformata, con conseguente necessità per la curatela di provvedere ad ottenere la restituzione delle somme eventualmente erogate, in ipotesi attraverso il procedimento ex art. 102 L.F., alla cui proposizione è legittimato il curatore. Il decreto che risolva questa questione, e la risolva nel senso della non attuale ripartizione parziale della liquidità (sospendendo, al fine, l'esecutività del progetto di riparto), per sua natura non incide sulla concorsualità del credito ammesso, ne' sulla sua capienza, alla cui salvaguardia sopraintende la separazione titolata della liquidità fallimentare a mezzo del disposto accantonamento. Essa determina soltanto la non attualità della liquidità fallimentare a mezzo del disposto accantonamento. Essa determina soltanto la non attualità della soddisfazione, e ciò a garanzia della massa dei creditori, nell'eventualità della riforma del titolo giudiziario costitutivo dei diritti di credito ammessi. Se una insoddisfazione delle aspettative degli attuali ricorrenti si verificasse, essa sarebbe conseguenza diretta, non del provvedimento di sospensione, ma dell'eventuale modifica del titolo giudiziario che inciderebbe sul titolo del concorso, non importa se in base ad una "condicio iuris" sospensiva o risolutiva, secondo le indicate tesi contrapposte, ovvero in base ad una pronuncia sollecitata ex art. 102 L.F..

Sotto il profilo indicato, un provvedimento che disponga la non attualità del riparto parziale - quale apprezzamento discrezionale dell'organo sovrano della procedura - con finalità di conseguire il più ordinato svolgimento della procedura stessa ed in funzione cautelativa per la massa dei creditori, ed inoltre che non incida ne' sull'ammissione dei crediti, ne' sulla loro capienza assicurata dall'accantonamento, non ha carattere decisorio in quanto non incide sui diritti soggettivi dei creditori ne' in linea generale, ne' nella concretezza delle possibilità satisfattive, limitandosi, quale provvedimento sospensivo di una fase della procedura concorsuale, ad assumere natura ordinatoria dei tempi, delle cadenze e dei modi della sub procedura di parziale riparto; in quanto, inoltre, assume funzione meramente cautelare in favore della massa (bilanciata dal provvedimento cautelativo a favore dei singoli creditori), funzione che di per sè, come rilevato in linea generale, esclude la decisorietà del provvedimento, non diversamente dai provvedimenti di concessione o di sospensione della provvisoria esecutività delle sentenza.

Nè può fondamente sostenersi, nel caso di specie, che l'organo del reclamo giunse alla statuizione della sospensione, previa interpretazione del provvedimento di ammissione al passivo dei crediti nel senso della sottoposizione a "condicio iuris" sospensiva, e ciò per le seguenti ragioni:

1) perché detto accertamento del tribunale di Rimini aveva natura meramente incidentale, ai fini del provvedimento sospensivo, per cui non è suscettivo di costituire giudicato sul punto;

2) perché il rilievo era più che altro diretto ad individuare un'ipotesi di accantonamento ed a giustificare, pur nella disposta sospensione, una essenziale forma cautelare a favore dei creditori (che perciò non hanno interesse a dolersene);

3) perché, ancorché il tribunale avesse ritenuto la sospensione come atto dovuto, non si esulerebbe dalla funzione sospensiva e dalla natura cautelare del provvedimento, che non incide nè sulla sussistenza della situazione di concorso, ne' sulla capienza del credito.

La conseguente fondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dai controricorrenti su situazione comunque rilevabile d'ufficio, assorbe la seconda questione pregiudiziale, che pur non è priva di rilievo ai fini dell'interesse al ricorso, essendo certo che, prima ancora della proposizione del ricorso per cassazione, l'accantonamento sospensivo delle somme dovute ai due creditori in esame è stata comunque disposta dal giudice delegato a norma dell'art. 100, comma 3 L.F., nel separato procedimento di impugnazione dei crediti promosso da uno degli attuali ricorrenti. L'inammissibilità del ricorso principale preclude l'esame dei mezzi di cassazione dedotti nei due ricorsi.

Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte; riunisce il procedimento n. 3964-87 a quello n. 2955-87;

dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.

Roma 23-1-1991