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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20012 - pubb. 23/06/2018.

Ratifica dell'autorizzazione del curatore a stare in giudizio ma fino al limite delle preclusioni già verificatesi


Cassazione civile, sez. VI, 14 Novembre 2017. Pres., est. Genovese.

Fallimento - Curatore - Poteri - Rappresentanza giudiziale - Autorizzazione del giudice delegato - Tardività - Sanatoria - Limiti


L'autorizzazione a stare in giudizio conferita dal giudice delegato tardivamente in via di ratifica, al curatore fallimentare, vale a sanare retroattivamente il difetto di legittimazione di quest'ultimo, ma fino al limite delle preclusioni già verificatesi. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio - rel. Presidente -

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. - Consigliere -

Dott. DI MARZIO Mauro - Consigliere -

Dott. MARULLI Marco - Consigliere -

Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

La Corte d'appello di Perugia, con la sentenza n. 155 del 2014 (depositata il 12 marzo 2014), in reiezione dell'appello proposto dalla Curatela del Fallimento (*) srl, ha respinto la domanda di revocatoria fallimentare proposta dall'attrice appellante contro i sigg. F.R. e O.D., pronunciandosi sulla questione preliminare di merito relativa al difetto dell'autorizzazione del curatore per proporre quell'azione, disattendendo la richiesta dell'appellante circa l'autorizzazione implicita (contenuta in tre distinti provvedimenti, analiticamente elencati ed esaminati), e non motivando su quella della avvenuta sanatoria del difetto autorizzativo in forza di un provvedimento del GD di "integrazione autorizzazione ad agire in revocatoria" del 13 gennaio 2010".

Secondo il giudice distrettuale, non era ravvisabile un'autorizzazione implicita da parte del GD nei provvedimenti, allegati, contenenti la: a) nomina del legale; b) l'autorizzazione a richiedere il sequestro conservativo (in corso di causa); c) la precisazione (del 2009) che l'atto si sarebbe limitato ad estendere l'ambito oggettivo di un'autorizzazione mai concessa.

La curatela ricorrente, con due mezzi, impugna lamentando: i) l'omessa pronuncia in ordine al secondo motivo di appello, relativo all'autorizzazione del 9 settembre 2010, per l'impugnazione della pronuncia sfavorevole del Tribunale, concessa "anche in ratifica di tutto quanto sinora svolto"; 2) la mancata valutazione unitaria dei tre provvedimenti menzionati, nonchè del quarto da ultimo indicato, anche in relazione all'art. 182 c.p.c., ed agli effetti sananti di esso.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alle parti costituite nel presente procedimento, alla quale non state mosse osservazioni critiche. Le doglianze, infatti, da esaminarsi congiuntamente perchè strettamente connesse, sono manifestamente fondate, atteso che:

a) "L'art. 182 c.p.c., comma 2, (nel testo applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009), secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione "può" assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev'essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2, nel senso che il giudice "deve" promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti "ex tunc", senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali. (Principio affermato relativamente a fattispecie di invalida costituzione in giudizio della persona incapace, inabilitata ed assistita dal curatore)." (Sez. U, Sentenza n. 9217 del 2010), essendo mancata nella specie l'assegnazione del termine alla parte che si assume non essere regolarmente in giudizio;

b) "L'autorizzazione a stare in giudizio conferita dal giudice delegato tardivamente in via di ratifica, al curatore fallimentare, vale a sanare retroattivamente il difetto di legittimazione di quest'ultimo, ma fino al limite delle preclusioni già verificatesi." (Sez. 1, Sentenza n. 3016 del 22/10/1974).

La sentenza impugnata, pronunciata in violazione dei due menzionati principi di diritto, la cui enunciazione va qui ripetuta perchè condivisa dal Collegio, va pertanto cassata con il rinvio della causa, per un nuovo esame e per le spese di questo grado di giudizio, alla stessa Corte territoriale, in diversa composizione.

 

P.Q.M.

La Corte, Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile - 1, il 17 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2017.