Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20305 - pubb. 01/08/2018

Opposizione all'esecuzione e valore della controversia ai fini della competenza

Cassazione civile, sez. III, 27 Giugno 2018, n. 16920. Est. Iannello.


Opposizione all'esecuzione - "Credito per cui si procede" ai sensi dell'art. 17 c.p.c. - Nozione - Necessità - Ragioni dell’opposizione - Irrilevanza



Nei giudizi di opposizione all'esecuzione il valore della controversia ai fini della competenza si determina, ai sensi dell'art. 17 c.p.c., in base all'importo indicato nell'atto di pignoramento, atteso che non assume rilievo la circostanza che l'opposizione sia limitata ad una sola parte del credito azionato esecutivamente. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta - Presidente -

Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -

Dott. CIGNA Mario - Consigliere -

Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere -

Dott. IANNELLO Emilio - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

con sentenza del 9/12/2013 il Giudice di pace di Roma accolse l'opposizione proposta dalla Intesa Sanpaolo S.p.A. avverso l'esecuzione presso terzi in suo danno avviata da T.G., con atto di pignoramento eseguito in data 20/4/2011, in base a precetto notificato in data 21/01/2011 per il pagamento del complessivo importo di Euro 2.322,46 in forza di titolo esecutivo costituito da ordinanza di assegnazione di somme;

osservò infatti che la banca opponente, dopo la notifica del precetto, aveva tempestivamente inviato, a mezzo assegno circolare non trasferibile datato 8/2/2011, la somma di Euro 1.531,60 al netto della ritenuta d'acconto pari a Euro 382,90 (con conseguente estinzione del debito portato dall'ordinanza azionata) e che la differenza, richiesta dalla esecutante per spese e competenze del precetto, non era dovuta atteso che, essendo stata l'ordinanza di assegnazione notificata per la prima volta unitamente al precetto, la banca non era stata posta nella condizione di adempiere spontaneamente, ciò comportando violazione dei doveri di correttezza e buona fede;

l'appello proposto dalla T. è stato dichiarato inammissibile, con la sentenza in epigrafe, dal Tribunale di Roma avendo questo rilevato che il valore della controversia - pari a Euro 407,96, corrispondente alla differenza tra l'importo corrisposto dalla banca debitrice esecutata (Euro 1.914,50) e quello maggiore intimato dalla creditrice (Euro 2.322,46) - non eccede il limite di Euro 1.100 sotto il quale, ai sensi dell'art. 113 c.p.c., comma 2, la sentenza del giudice di pace deve intendersi pronunciata secondo equità ed è conseguentemente appellabile, ai sensi dell'art. 339 c.p.c., comma 3 "esclusivamente per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme costituzionali o comunitarie ovvero dei principi regolatori della materia", vizi che non possono ritenersi evocati dai motivi di gravame proposti;

avverso tale decisione T.G. ricorre con due mezzi cui resiste Intesa Sanpaolo S.p.A. depositando controricorso;

entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis.1 c.p.c..

 

che:

con il primo motivo di ricorso T.G. deduce violazione degli artt. 105, 190, 339, 17 e 345 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando che:

- la banca appellata aveva eccepito l'inammissibilità dell'appello tardivamente, solo con la comparsa conclusionale;

- tale eccezione avrebbe dovuto comunque ritenersi infondata, considerato che la somma precettata ammontava ad Euro 2.322,46;

che con il secondo motivo di ricorso - per la "denegata ipotesi in cui fosse ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario" (così testualmente l'incipit della relativa illustrazione) - la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il tribunale omesso di integrare il contraddittorio nei confronti dell'amministrazione finanziaria, come, assume, sarebbe stato necessario ai fini dell'indagine sulla legittimità delle ritenute d'acconto operate dalla banca, sostituto d'imposta;

Ritenuto che:

il ricorso - il quale, diversamente da quanto eccepito dalla controricorrente, offre sufficiente esposizione sommaria dei fatti di causa - è fondato laddove, con il primo motivo, denuncia (al di là dell'ininfluente erroneo riferimento alla previsione di cui al n. 3, anzichè all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931) error in procedendo in relazione alla determinazione del valore della causa, ai fini della preliminare valutazione circa la sussistenza del presupposto che ad esso correla l'ammissibilità dell'appello;

che al riguardo - premessa l'applicabilità nella specie dell'art. 616 c.p.c. nel testo risultante dalla modifica introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, comma 2, che, sopprimendo l'ultimo periodo della norma, ha ripristinato l'appellabilità delle sentenze emesse nei giudizi di opposizione all'esecuzione, fermi tuttavia i limiti di appellabilità dettati dall'art. 339 c.p.c. in relazione all'organo decidente e al valore della causa - occorre rilevare che, benchè sia non pertinente il richiamo in ricorso alla giurisprudenza in tema di determinazione del valore delle cause di opposizione a precetto (essendo pacifico che nella specie si tratti di opposizione a pignoramento presso terzi e, quindi, ad esecuzione già iniziata: v. Cass. 23/08/2013, n. 19488), nondimeno la valutazione al riguardo svolta in sentenza incorre nell'errore denunciato dal momento che il tribunale, nella determinazione del valore della controversia, prescinde dall'importo indicato nell'atto di pignoramento attribuendo piuttosto rilievo alle ragioni dell'opposizione e all'essere le stesse limitate al maggiore importo preteso dalla creditrice esecutante rispetto a quello già corrisposto dalla banca esecutata;

invero, ai sensi dell'art. 17 c.p.c., primo periodo, "il valore delle cause di opposizione all'esecuzione forzata si determina dal credito per cui si procede", discendendone che "il valore della causa di opposizione all'esecuzione iniziata ex art. 615 c.p.c., comma 2, si determina in base alla somma per la quale si è proceduto ad esecuzione" (Cass. n. 19488 del 2013; n. 13757 del 2002);

nel caso di specie risulta dagli atti di entrambe le parti, ma anche dall'esposizione in fatto della sentenza, che l'opposizione all'esecuzione venne proposta da Intesa Sanpaolo S.p.A. avverso l'atto di pignoramento presso terzi fatto notificare da Gina T. per l'importo di Euro 2.322,46 (atto del resto integralmente riportato alle pagg. 10-15 del ricorso), valore evidentemente eccedente il limite di Euro 1.100 e tale dunque da escludere che la sentenza appellata potesse qualificarsi come resa secondo c.d. "equità necessaria" ai sensi dell'art. 113 c.p.c., comma 2 con conseguente sua inappellabilità, ai sensi dell'art. 339 c.p.c., comma 3;

è invece inammissibile il secondo motivo di ricorso, ponendo esso questioni (compresa quella incidentalmente ventilata di difetto di giurisdizione del giudice ordinario) che non risultano trattate nel giudizio di appello e che la ricorrente non ha, dal canto suo, in alcun modo precisato se, quando e come siano state dedotte a fondamento dell'appello;

giova al riguardo rammentare che, come da questa Corte ripetutamente avvertito, in tema di ricorso per cassazione, qualora una determinata questione giuridica che implichi accertamenti di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (v. ex aliis Cass. 21/11/2017, n. 27568; 18/10/2013, n. 23675; 22/01/2013, n. 1435);

può comunque incidentalmente rilevarsi che sebbene in passato (Cass. Sez. U. 12/01/2007, n. 418) questa Corte abbia affermato quanto sostenuto igricorso in punto di giurisdizione, con affermazione del litisconsorzio necessario con il fisco davanti alle commissioni tributarie, si è ormai consolidato il condivisibile orientamento nomofilattico secondo cui le controversie tra sostituito e sostituto d'imposta, non coinvolgendo propriamente il rapporto d'imposta, danno ingresso a una lite tra privati la cui cognizione appartiene al giudice ordinario senza, quindi, la necessaria partecipazione dell'amministrazione erariale (Cass., Sez. U., 07/07/2017, n. 16833, con menzione della pregressa giurisprudenza conforme, in un caso riguardante la domanda di un avvocato, nei confronti della banca tesoriere di un comune, volta ad ottenere il rimborso della somma relativa alla ritenuta d'acconto applicata sulle spese di vari giudizi anzichè soltanto sui diritti e onorari in essi liquidati; v. anche, in termini, da ultimo, Cass. 08/02/2018, n. 3029);

in accoglimento del (solo) primo motivo di ricorso, nei termini esposti in motivazione, la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio della causa al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2018.