Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21576 - pubb. 02/05/2019

Ai fini della prova dell’usucapione va applicato il canone del 'più probabile che non'

Cassazione civile, sez. II, 08 Febbraio 2019, n. 3847. Est. Tedesco.


Usucapione – Accertamento giudiziale – Valutazione delle prove – Applicabilità del canone del “oltre il ragionevole dubbio” – Esclusione



In materia di accertamento dell’acquisto per usucapione della proprietà di un immobile, alla valutazione delle risultanze istruttorie non è applicabile il canone dell’ “oltre il ragionevole dubbio”, che è specifico del processo penale ed estraneo al processo civile.

In quest’ultimo vige la regola della preponderanza dell’evidenza, o del “più probabile che non”. Lo standard di certezza probabilistica in materia civile va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternative) disponibili in relazione al caso concreto: nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l’attendibilità dell’ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell'Avv. Roberto Di Napoli


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio - Presidente -

Dott. FEDERICO Guido - Consigliere -

Dott. SCALISI Antonino - Consigliere -

Dott. TEDESCO Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. DONGIACOMO Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

 

ORDINANZA

 

Svolgimento del processo

- la Corte d'appello di Milano ha rigettato l'appello proposto da Pugliese Vincenza contro ordinanza ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c., del Tribunale di Milano, di rigetto di domanda dal medesimo proposta nei confronti del Condominio (*);

- il P. aveva chiesto l'accertamento della nullità della delibera condominiale che aveva autorizzato la realizzazione di un muro a confine fra la proprietà del ricorrente e quella del condomino D.D.S.;

- la corte d'appello ha rilevato d'ufficio la sopravvenuta carenza dell'interesse del ricorrente all'accertamento della nullità della delibera, essendo stata definita con transazione la lite con il condomino interessato;

- per la cassazione della sentenza il P. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi;

- il condominio ha resistito con controricorso:

- il ricorrente ha depositato memoria.

 

Motivi della decisione

- il ricorso sfugge ai rilievi di inammissibilità formulati nel controricorso, sia per quanto riguarda l'esposizione dei fatti di causa, che è tale da consentire alla Corte, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell'oggetto dell'impugnazione, sia in relazione ai motivi, che presentano i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata;

- il primo motivo denuncia violazione dell'art. 101 c.p.c., comma 2;

- la corte d'appello, pur avendo rilevato d'ufficio il difetto di interesse a coltivare l'azione nei confronti del condominio, non ha adempiuto alle prescrizioni imposte dall'art. 101 c.p.c., comma 2, con conseguente violazione del principio del contraddittorio.

- il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 306 e 310 c.p.c.;

- nella causa con il D.D. non c'era stata cessazione della materia del contendere, ma parziale rinuncia agli atti del giudizio da parte del ricorrente, con conseguente estinzione solo parziale della lite;

- il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 100 c.p.c.;

- il ricorrente censura la sentenza per avere negato la sussistenza dell'interesse del ricorrente a fare accertare la nullità della delibera condominiale in relazione agli ulteriori profili di illegittimità fatti valere con l'impugnazione (violazione del regolamento condominiale, mancata approvazione con l'unanimità dei consensi, carattere vietato dell'innovazione);

- il quarto motivo denuncia la sentenza nella parte in cui, con travisamento delle risultanze processuali, ha ravvisato, nella definizione della lite fra l'attuale ricorrente e il D.D., una ipotesi di cessazione della materia del contendere in luogo della parziale estinzione del giudizio a seguito di rinuncia;

- il primo motivo è fondato e il suo accoglimento determina l'assorbimento delle altre censure;

- ed invero la definizione della lite nei rapporti fra i due condomini interessati non aveva mutato i temi del dibattito fra il P. e il Condominio, che continuò a svolgersi sul difetto di legittimazione passiva del condominio e sul fatto che i vizi fatti valere comportavano l'annullabilità e non la nullità della delibera condominiale, conseguendone da ciò, secondo il condominio, che, decorsi inutilmente i termini di impugnazione, la definitività e vincolatività della deliberazione anche per il condomino ricorrente;

- la corte non è entrata nel merito di questi profili, ma ha posto l'attenzione, da un lato, sul fatto che il condomino aveva realizzato un'opera difforme da quella autorizzata dall'assemblea, dall'altro, sul fatto che fra i diretti interessati avevano raggiunto un accordo di natura transattiva;

- la considerazione congiunta dell'una e dell'altra circostanza ha indotto la corte a ravvisare una ipotesi di sopravvenuta carenza dell'interesse ad agire;

- fatto è, però, che tale possibile conseguenza dell'evolversi della vicenda ha costituito oggetto di rilievo d'ufficio, il che imponeva al giudice di sottoporre la questione al preventivo contraddittorio fra le parti in causa, in applicazione di un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte e oramai acquisito al diritto positivo attraverso la novella dell'art. 101 c.p.c., comma 2 (L. n. 69 del 2009);

- si intende alludere al principio secondo cui "la mancata segnalazione da parte del giudice di una questione, rilevata d'ufficio per la prima volta in sede di decisione, che comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, modificando il quadro fattuale, determina nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa delle parti, private dell'esercizio del contraddittorio e delle connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie sulla questione decisiva ai fini della deliberazione. Pertanto se la violazione si sia verificata nel giudizio d'appello, la sua deduzione come motivo di ricorso in sede di giudizio di legittimità, determina la cassazione con rinvio della pronuncia impugnata, affinchè ai sensi dell'art. 394 c.p.c., comma 3, possano essere esplicate le attività processuali che la parte abbia lamentato di non aver potuto svolgere a causa della decisione solitariamente adottata dal giudice" (Cass. n. 10062/2010; n. 11928/2012; n. 11453/2014);

- si impone pertanto la cassazione della sentenza, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, perchè provveda a nuovo esame e liquidi le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Milano anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2019.