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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22756 - pubb. 26/11/2019.

Concordato preventivo: disciplina applicabile al reclamo avverso il decreto di omologazione


Cassazione civile, sez. I, 20 Novembre 2019. Pres. Didone. Est. Pazzi.

Concordato preventivo - Reclamo avverso il decreto di omologazione -  Disciplina applicabile


In tema di concordato preventivo, al provvedimento emesso, ai sensi della L. Fall., art. 183, comma 1, dalla Corte d’appello decidendo sul reclamo avverso il decreto di omologazione si applica la disciplina prevista dalla L. Fall., art. 18, comma 14, di modo che lo stesso è ricorribile per cassazione entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla notificazione a cura della cancelleria; infatti il permanere anche rispetto all’impugnazione per cassazione delle ragioni giustificative della necessità di individuare una coincidente disciplina regolante il reclamo avverso il decreto con il quale il Tribunale abbia provveduto sull’omologazione, accordandola o negandola, fa sì che la portata del rinvio compiuta dalla L. Fall., art. 183, comma 2, al procedimento di reclamo vada intesa come riferita all’intero svolgersi delle fasi di impugnazione previsto dalla L. Fall., art. 18 e non solo alla porzione del reclamo. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

Fatti di causa

1. Il Tribunale di Ariano Irpino omologava il concordato preventivo con continuazione dell’attività aziendale proposto da A.B., titolare di una farmacia in (omissis), respingendo l’opposizione proposta da A. A.B., la quale nel corso della procedura era stata provvisoriamente esclusa dal voto ad opera del giudice delegato poiché il suo credito conseguiva a un abusivo finanziamento e ricomprendeva interessi anatocistici e usurari.

2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata in data 14 aprile 2014, accoglieva il reclamo presentato da A. A.B. e revocava il decreto di omologazione impugnato, rimettendo gli atti al Tribunale di Benevento per i provvedimenti conseguenti.

Riteneva infatti la corte distrettuale che A. A.B. non avesse tenuto una condotta illecita nei confronti della P., sicché non era possibile ravvisare una concessione abusiva del credito, di cui comunque la reclamata non era legittimata a dolersi; nel contempo, a parere del collegio del reclamo, i rapporti contrattuali intercorsi fra la P. e A. A.B. non potevano essere qualificati come mutui con garanzia reale, con la conseguente esclusione del carattere usurario dei tassi pattuiti nel finanziamento.

3. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia A.B. al fine di far valere due motivi di impugnazione.

Ha resistito con controricorso A. A.B., la quale in via preliminare ha eccepito l’inammissibilità del ricorso avversario per tardività, poiché lo stesso era stato proposto a seguito del completo decorso del termine previsto dalla L. Fall., art. 131, comma 12.

Il ricorso, inizialmente fissato in sede camerale innanzi a questa stessa sezione, è stato rimesso alla pubblica udienza, apparendo necessario approfondire la questione relativa alla disciplina applicabile al procedimento di reclamo previsto dalla L. Fall., art. 183, comma 1, e alla conseguente individuazione del termine da tenere a riferimento per proporre ricorso per cassazione.

Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando il rigetto di entrambi i motivi di ricorso.

Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

A seguito del decesso dell’unico difensore della ricorrente la causa è stata differita onde consentire alla parte, cui il rinvio è stato comunicato personalmente, la nomina di un nuovo difensore.


Ragioni della decisione

4. Occorre rilevare, in limine, la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità, per tardività, sollevata dal controricorrente.

4.1 Questa Corte ha affermato in una pluralità di occasioni che il reclamo alla Corte d’appello avverso il decreto con il quale il Tribunale abbia provveduto sull’omologazione (accordandola o negandola) del concordato preventivo, ai sensi della L. Fall., art. 183 va proposto entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento impugnato, in quanto l’impugnabilità con il reclamo medesimo anche della sentenza dichiarativa di fallimento postula l’applicazione del termine previsto dalla L. Fall., art. 18 (si vedano in questo senso, inizialmente, Cass. 4304/2012, e in seguito Cass. 21606/2013, Cass. 3463/2017, Cass. 22473/2018 e, seppur in via incidentale, Cass. 24797/2019).

Nell’affermare un simile principio questa Corte (v. Cass. 20892/2019) ha sottolineato che l’irrilevanza della dichiarazione di fallimento ai fini della proponibilità del reclamo avverso il provvedimento di diniego dell’omologa reso dal Tribunale porta a individuare un unico termine per la presentazione dell’impugnazione, onde evitare che i termini per proporre la medesima forma di gravame possano mutare a seconda del contenuto del provvedimento impugnato e della eventualità che, contestualmente al diniego di omologazione, possa o meno essere pronunciata la sentenza di fallimento.

È stato perciò ritenuto che il dato testuale della L. Fall., art. 183, comma 2, - secondo cui "con lo stesso reclamo è impugnabile la sentenza dichiarativa di fallimento, contestualmente emessa a norma dell’art. 180, comma 7" -, ispirandosi al generale principio di necessaria convergenza di ogni doglianza concernente la procedura concordataria e la dichiarazione di fallimento, lasci pensare che il legislatore abbia tenuto presente, nel formulare il testo normativo, il reclamo proponibile contro la sentenza dichiarativa di fallimento, ai sensi della L. Fall., art. 18; ne discende la necessità di individuare il termine unitario per presentare reclamo in quello previsto dalla disposizione appena richiamata, la quale introduce una regola particolare per il procedimento di impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento in deroga alla disciplina dei procedimenti camerali che governa, in linea generale, il procedimento L. Fall., ex art. 15.

4.2 Gli argomenti già posti a fondamento del principio concernente la fase del reclamo si riverberano anche sulla disciplina del successivo ricorso per cassazione.

In vero, se la circostanza che con lo stesso reclamo, proponibile contro il decreto che pronuncia sull’omologazione del concordato preventivo, possa essere impugnata anche l’eventuale sentenza dichiarativa di fallimento impone, per una lettura costituzionalmente orientata della norma, di reputare applicabile il medesimo termine previsto dalla L. Fall., art. 18 (Cass. 4304/2012), non si può che constatare come le ragioni giustificative della reductio ad unum riconosciuta come necessaria - vale a dire il fatto che la stessa impugnazione possa investire, oltre che la statuizione che pronuncia sull’omologazione del concordato preventivo, anche l’eventuale sentenza dichiarativa di fallimento - permangono immutate anche rispetto al ricorso per cassazione.

In altri termini questa necessaria comunanza di sorti processuali dell’impugnazione avverso il medesimo provvedimento riguardante l’esito della procedura concordataria, se riconosciuta sussistente, non può che essere predicata rispetto all’intero svolgimento del procedimento di gravame piuttosto che essere riconosciuta limitatamente al solo reclamo, poiché anche nell’ultimo stadio dell’impugnazione occorre evitare che i termini per proporre la medesima forma di gravame possano mutare a seconda del contenuto del provvedimento impugnato e della eventualità che in origine, contestualmente al diniego di omologazione, sia stata o meno pronunciata la sentenza di fallimento.

La portata del rinvio compiuta dalla L. Fall., art. 183, comma 2, al procedimento di reclamo va allora intesa come riferita all’intero svolgersi delle fasi di impugnazione previsto dalla disposizione richiamata e non solo alla porzione del reclamo, avendo voluto il legislatore prevedere una coincidenza dei gravami successivamente proponibili avverso il decreto con il quale il Tribunale abbia provveduto sull’omologazione, accordandola o negandola, a prescindere dal concreto contenuto dell’impugnazione e dell’inclusione in esso di questioni attinenti al fallimento eventualmente dichiarato. Ciò al fine anche di armonizzare, nella medesima prospettiva di lettura costituzionalmente orientata già richiamata, in termini coincidenti la disciplina del ricorso per cassazione nella complessiva materia concordataria, nel cui ambito risulterebbe irragionevole una dilatazione dei tempi di impugnazione in sede di legittimità rispetto a chi, ancora in bonis, abbia una più accentuata urgenza di dare soluzione alla sua condizione di crisi.

Nè è possibile trarre argomenti in contrario da precedenti di questa Corte (Cass. 2706/2009, Cass. 7013/1999, Cass. 753371990) che espressamente indicano in sessanta giorni il termine per ricorrere per cassazione avverso la statuizione con cui la Corte d’appello aveva rigettato le opposizioni alla sentenza o al decreto di omologazione della proposta di concordato preventivo, poiché queste pronunce riguardano fattispecie regolate dalla L. Fall., art. 183 nel testo vigente prima della riforma introdotta dal D.Lgs. n. 169 del 2007, che espressamente prevedeva la presentazione di un appello - e non di un reclamo - avverso il provvedimento di omologazione del concordato.

Le ragioni sopra illustrate inducono a ritenere che il ricorso per cassazione avverso il provvedimento emesso, ai sensi della L. Fall., art. 183, comma 1, dalla Corte d’appello all’esito del reclamo proposto rispetto al decreto che abbia provveduto sull’omologazione debba essere presentato nel termine di trenta giorni dalla notificazione compiuta a cura della cancelleria, a mente di quanto previsto dalla L. Fall., art. 18, commi 12 e 14.

Occorrerà dunque affermare il seguente principio:

in tema di concordato preventivo, al provvedimento emesso, ai sensi della L. Fall., art. 183, comma 1, dalla Corte d’appello decidendo sul reclamo avverso il decreto di omologazione si applica la disciplina prevista dalla L. Fall., art. 18, comma 14, di modo che lo stesso è ricorribile per cassazione entro il termine di trenta giorni decorrenti dalla notificazione a cura della cancelleria; infatti il permanere anche rispetto all’impugnazione per cassazione delle ragioni giustificative della necessità di individuare una coincidente disciplina regolante il reclamo avverso il decreto con il quale il Tribunale abbia provveduto sull’omologazione, accordandola o negandola, fa sì che la portata del rinvio compiuta dalla L. Fall., art. 183, comma 2, al procedimento di reclamo vada intesa come riferita all’intero svolgersi delle fasi di impugnazione previsto dalla L. Fall., art. 18 e non solo alla porzione del reclamo.

4.3 Nel caso di specie tale "comunicazione/notificazione" della cancelleria è avvenuta in data 14 aprile 2014, come attesta il documento prodotto sub C dal controricorrente (rimanendo irrilevante, ai fini del decorso dei termini per proporre reclamo, stabilire la natura di notificazione o comunicazione di tale atto, dato che nell’attuale contesto normativo non vi è più ragione per distinguere fra comunicazione e notificazione; Cass. 23575/2017).

Il ricorso per cassazione presentato risulta invece notificato soltanto il 5 agosto 2014, ben oltre il termine di trenta giorni previsto dalla disciplina che si è riconosciuto presiedere il caso di specie.

L’impugnazione risulta perciò inammissibile, essendo stata proposta oltre i termini prescritti per la sua proposizione.

4.4 Giova rilevare, infine, che la soluzione adottata era insita nei precedenti di questa Corte che già in epoca anteriore alla presentazione del ricorso in esame avevano fatto riferimento alla L. Fall., art. 18 ai fini dell’individuazione del termine per proporre il reclamo.

Non è quindi possibile ravvisare nel caso di specie un affidamento qualificato della parte in un consolidato indirizzo interpretativo di norme processuali meritevole di tutela con il prospective overruling onde consentire al ricorso, presentato con modalità e in forme ossequiose dell’unico espresso precedente in materia (Cass. 22932/2011) e non condiviso da questo collegio, di produrre ugualmente i suoi effetti.

5. Il superiore rilievo ha carattere assorbente e rende superfluo l’esame dei motivi di ricorso presentati (peraltro infondati, come rilevato dal P.G. con la propria requisitoria depositata in data 24 aprile 2019).

6. L’individuazione da parte di questo collegio del contesto normativo disciplinante la materia trattata in termini dissimili da alcuni precedenti di questa Corte induce a compensare integralmente le spese di lite fra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.


P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Depositato in cancelleria il 20 novembre 2019.