Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 3640 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 05 Novembre 2010, n. 22540. Est. Ceccherini.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Organi preposti al fallimento - Curatore - Poteri - Rappresentanza giudiziale - Autorizzazione a stare in giudizio - Estensione - Riconducibilità dell'azione esperita alla autorizzazione - Contestazione - Natura - Interpretazione di un atto processuale - Conseguenze - Deducibilità della questione in sede di legittimità - Condizioni - Fattispecie.



L'autorizzazione a promuovere un'azione giudiziaria conferita ex artt. 25, comma 1, n. 6 e 31, legge fall., al curatore del fallimento dal giudice delegato copre, senza bisogno di una specifica menzione, tutte le possibili pretese ed istanze strumentalmente pertinenti al conseguimento dell'obiettivo del giudizio cui si riferisce l'autorizzazione, e l'eventuale limitazione di quest'ultima, in rapporto alla maggiore latitudine dell'azione effettivamente esercitata, costituisce una questione interpretativa di un atto di natura processuale, deducibile in sede di legittimità soltanto qualora sia stata proposta nel giudizio di merito; ne consegue che, ove ciò sia accaduto, ed il giudice di merito si sia pronunciato, il mezzo impugnatorio consentito è quello dell'art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., negli stretti limiti in cui è consentito il sindacato di legittimità sulla motivazione. (Nella specie, il curatore, chiedendo di poter agire per la revocabilità di un'ipoteca volontaria prestata dalla società fallita per debito di terzi, aveva poi concluso l'istanza, ed era stato conseguentemente autorizzato, a proporre genericamente l'azione revocatoria dell'art. 67 legge fall.). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 25 l. fall.

Massimario, art. 31 l. fall.

Massimario, art. 67 l. fall.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. CECCHERINI Aldo - rel. Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. BERNABAI Renato - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 10995/2005 proposto da:
CALDERONI MARIA (C.F. *CLDMRA25T46E155E*), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 40, presso l'avvocato PUTIGNANO PAOLA DANIELA (STUDIO LEGALE BIANCHI-PAROLA), rappresentata e difesa dall'avvocato CATENA PASQUALINO, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ EDILIZIA INDUSTRIALE CIVILE ORFINO - S.E.I.C.O. S.R.L. (C.F. *01122360720*), in persona del Curatore Avv. Prof. PANZA GIUSEPPE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 71, presso l'avvocato VITO NANNA, rappresentata e difesa dall'avvocato VIOLANTE ANDREA, giusta procura in calce al ricorso notificato;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 174/2004 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 09/03/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2010 dal Consigliere Dott. CECCHERINI Aldo;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 30 luglio 1998, il curatore del Fallimento Società Edilizia Industriale Civile Ordini S.E.I.C.O., dichiarato il *10 ottobre 1994*, chiese che fosse revocata l'iscrizione ipotecaria in data 29 settembre 1994, su immobili di proprietà della società, a favore di Maria @Calderoni, a garanzia del pagamento di cambiali emesse il 28 settembre 1994 e scadenti il 27 settembre 1995, a norma dell'art. 67, comma 1, n. 3 o in alternativa L. Fall., n. 4. La convenuta, costituitasi, eccepì la nullità della citazione ex art. 163 c.p.c., n. 4 e art. 163 c.p.c., per la carente esposizione dei fatti in essa riportati, e resistette anche nel merito. Il tribunale di Bari accolse la domanda del fallimento a norma della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4.
Contro la sentenza la signora Calderoni propose appello, che fu respinto dalla Corte d'appello di Bari con sentenza 9 marzo 2004. La corte, esaminando i tre motivi d'appello, osservò che:
- il curatore era stato autorizzato dal giudice delegato ad esperire l'azione accolta in primo grado, perché, sebbene nella parte narrativa della richiesta avesse prospettato la revocabilità dell'ipoteca volontaria ex art. 67, comma 1, n. 3, nella parte conclusiva aveva chiesto in termini del tutto generici l'autorizzazione ad agire nei confronti della signora Calderoni ai sensi della L. Fall., art. 67 per la revocatoria dell'ipoteca volontaria indicata in premessa, e il giudice delegato aveva autorizzato non l'esperimento di una specifica azione revocatoria, bensì l'azione giudiziaria genericamente richiesta;
- la citazione introduttiva del giudizio di primo grado non era nulla per genericità, perché indicava la data d'iscrizione ipotecaria, il suo carattere volontario e il suo ammontare, la data della dichiarazione di fallimento della società, la circostanza della costituzione per debiti pregressi, la data di emissione delle cambiali e la data di scadenza, mettendo la convenuta nelle condizioni di contestare sia lo schema di riferimento normativo più appropriato al caso e sia la sua consapevolezza dello stato d'insolvenza della debitrice;
- la scientia decoctionis in capo all'appellante era dimostrata dall'entità dei suoi crediti risalenti agli anni 1993 - 1994 per finanziamenti mai estinti, e regolati con cambiali con scadenza ad un anno, sì che a fronte di tale dilazione aveva richiesto una garanzia reale, e che la stessa appellante non aveva offerto alcuna prova liberatoria.
Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorre la signora Calderoni con atto notificato il 22 aprile 2005, con tre mezzi d'impugnazione.
Il fallimento resiste con controricorso in data 1 giugno 2005. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura l'affermazione della corte del merito, che l'autorizzazione del giudice delegato doveva ritenersi rilasciata al curatore per l'esperimento non di una specifica azione revocatoria, bensì dell'azione giudiziaria genericamente richiesta.
Il mezzo è infondato. Va premesso, in diritto, che l'autorizzazione a promuovere un'azione giudiziaria conferita L. Fall., ex art. 25, n. 6 e art. 31, al curatore del fallimento dal giudice delegato copre, senza bisogno di una specifica menzione, tutte le possibili pretese ed istanze strumentalmente pertinenti al conseguimento dell'obiettivo del giudizio cui si riferisce l'autorizzazione, e l'eventuale limitazione di quest'ultima, in rapporto alla maggiore latitudine dell'azione effettivamente esercitata, costituisce una questione interpretativa di un atto di natura processuale (Cass. 11 gennaio 2005 n. 351). Detta questione è deducibile in sede di legittimità soltanto se sia stata proposta in sede di merito, e, laddove - come è accaduto nella fattispecie - il giudice di merito sì sia già pronunciato, con il mezzo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, negli stretti limiti nei quali è consentito il sindacato di legittimità della cassazione sulla motivazione .
Nel caso sottoposto all'esame del collegio, l'inter-pretazione del giudice di merito non può essere censura-ta per la sua incongruità, dal momento che l'interpretazione estensiva dell'autorizzazione è conforme al canone giuridico sopra indicato, della funzionalità del provvedimento al conseguimento dell'obiettivo del giudizio cui l'autorizzazione si riferisce. Nè rileva qui la diversa natura giuridica delle diverse azioni revocatorie, costantemente ribadita da questa corte ai fini della regolarità del contraddittorio e della necessaria correlazione della pronuncia giudiziale alla domanda proposta. L'interpretazione medesima non è poi affetta da vizi logici, ed è censurata nel ricorso con la mera contrapposizione di una diversa lettura dell'articolazione interna della richiesta e del provvedimento, sollecitando un'indagine che eccede i limiti del giudizio di legittimità.
Con il secondo motivo di ricorso sì ripropone la tesi della nullità dell'atto di citazione introduttivo del giudizio, per l'omessa indicazione in esso del requisito dell'azione revocatoria esperita,, di conoscenza dello stato d'insolvenza, sul presupposto dell'applicabilità della presunzione di cui alla L. Fall., art. 67, comma 1.
Con il terzo motivo la ricorrente censura l'affermazione della sua scientia decoctionis nell'impugnata sentenza. A suo avviso la conoscenza dello stato d'insolvenza, nell'ipotesi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4, dovrebbe potersi desumere da un insieme di elementi indiziar, dai quali far discendere una ragionevole certezza in proposito da parte del convenuto in revocatoria, che avrebbe ben potuto averne percezione, informandosi con l'ordinaria diligenza. I due motivi muovono dalla comune, errata supposizione che nel caso contemplato dalla L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4 non si applichi la presunzione, a carico del convenuto in revocatoria, di conoscenza dello stato d'insolvenza del debitore. La supposizione è tuttavia contraddetta dalla chiara formulazione della norma in esame, della quale il giudice di merito ha fatto puntuale applicazione, e che deve essere letta nel modo seguente: sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio sono a carico della parte soccombente e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione della Corte suprema di Cassazione, il 5 ottobre 2010. Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2010