Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 3645 - pubb. 18/07/2011

Opposizione allo stato passivo e principio dispositivo

Cassazione civile, sez. VI, 08 Novembre 2010, n. 22711. Est. Didone.


Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Passività fallimentari (accertamento del passivo) - Opposizione allo stato passivo - In genere - Poteri istruttori del tribunale - Acquisizione d'ufficio del fascicolo della verifica del passivo avanti al giudice delegato - Esclusione - Fondamento - Conseguenze.



Il giudizio di opposizione allo stato passivo è regolato - ai sensi dell'art.99 legge fall., novellato dal d.lgs. n. 169 del 2007 - dal principio dispositivo, come qualunque ordinario giudizio di cognizione a natura contenziosa, per cui il materiale probatorio che lo concerne è quello prodotto dalle parti o acquisito dal giudice, ai sensi degli artt. 210 e 213 cod. proc. civ., ed è solo quel materiale che ha titolo a restare nel processo; tale principio opera sin dalla fase della verifica dei crediti avanti al giudice delegato decidendo tale organo, ex art. 95 legge fall., nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati. (Affermando detto principio, la S.C. ha confermato la sentenza con cui il tribunale non aveva acquisito d'ufficio i documenti contenuti nella domanda di insinuazione al passivo e non versati dal creditore, gli uni e l'altra, nel giudizio di opposizione allo stato passivo). (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Massimario, art. 95 l. fall.

Massimario, art. 99 l. fall.


 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE SESTA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo - Presidente -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

 

 

ORDINANZA
sul ricorso 24414-2009 proposto da:
MEDITERRANEA ICIOM SRL con unico socio 00123170870 in persona del Consigliere Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIETRO TACCHINI 7, presso lo studio dell'avvocato PICCIOLI ALESSANDRO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato PRIZZI FILIPPO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CONSORZIO AGROFRUIT SOCIETÀ COOPERATIVA a r.l., CURATELA FALLIMENTO CONSORZIO AGROFRUIT SOCIETÀ COOPERATIVA a r.l., COSENTINO MAURIZIO nella qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante del Consorzio Agrofruit Società Cooperativa a r.l.;
- intimati -
avverso il decreto R.G. 9174/08 del TRIBUNALE di CATANIA del 17.7.09, depositato il 28/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;
udito per la ricorrente l'Avvocato Alessandro Piccioli che si riporta agli scritti.
È presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che nulla osserva rispetto alla relazione scritta. RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
p. 1.- La relazione in data 30 aprile 2010 depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. è del seguente tenore: "1.- È impugnato - con ricorso per cassazione affidato a tre motivi - il decreto del Tribunale di Catania del 28.9.2009 con il quale è stata respinta l'opposizione allo stato passivo proposta dalla ricorrente Mediterranea ICIOM s.r.l. unico socio nei confronti del curatore del fallimento Consorzio AGRIFRUIT coop. s.r.l. La ricorrente ha insinuato al passivo il proprio credito per fornitura di gpl e il g.d. ha escluso il credito mancando la prova dell'avvenuta consegna del gas e, quindi, dell'adempimento del contratto di fornitura, ritenendo insufficienti le fatture prodotte.
Il Tribunale - nella contumacia del curatore - ha rigettato l'opposizione - con la quale era stata formulata prova testimoniale per provare l'avvenuta fornitura e l'entità di essa - osservando che il contratto di fornitura prodotto era privo di data certa, come tale inopponibile al fallimento, e che non era stato chiesto di provare il prezzo pattuito della fornitura. Elemento non desumibile dal contratto inopponibile. Le fatture originariamente allegate alla domanda di ammissione al passivo non erano state prodotte in sede di opposizione e il testo della L. Fall., art. 99 - come modificato dal decreto correttivo del 2007 - impediva di acquisire d'ufficio il fascicolo relativo alla verifica.
2.1.- Con il primo motivo ed il secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione di legge (L. Fall., art. 99) deducendo che erroneamente il Tribunale ha rilevato d'ufficio l'inopponibilità del contratto per mancanza di prova certa pur in difetto di eccezione da parte del curatore, il quale non si era costituito, ne' aveva contestato in sede di formazione dello stato passivo il prezzo della fornitura.
Deduce, inoltre, che, ammessa la rilevabilità d'ufficio della mancanza di data certa del contratto, il Tribunale, dopo l'acquisizione della prova dell'avvenuta fornitura, avrebbe dovuto determinarne il prezzo ai sensi degli artt. 1474 e 1561 c.c.. 2.2.- Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia violazione di legge e deduce che la contestazione sulla mancanza di data certa nella scrittura privata si configura come eccezione in senso stretto che, in quanto tale, può essere proposta solo dalla parte, come affermato da Cass., 17691/2004.
2.3.- Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia violazione della L. Fall., art. 99 e art. 347 c.p.c. deducendo che il Tribunale avrebbe dovuto acquisire d'ufficio il fascicolo relativo alla fase di verifica del passivo, contenente la domanda di insinuazione al passivo e i relativi documenti (fatture).
3.1.- Le censure formulate dalla ricorrente, là dove non sono inammissibili per difetto di autosufficienza del ricorso (quanto a riproduzione dei capitoli della prova testimoniale dedotta) o per la novità delle questioni dedotte (l'applicazione degli artt. 1474 e 1561 c.c., dal provvedimento impugnato, non risulta richiesta nel giudizio di merito, ne' in ricorso è indicato e trascritto l'atto processuale nel quale la domanda sia stata formulata, ne' risulta richiesta la prova sui prezzi normalmente praticati) sono manifestamente infondate.
3.2.- Quanto alla rilevabilità d'ufficio della inopponibilità dei documenti prodotti ai sensi dell'art. 2704 c.c. la pronuncia invocata dalla ricorrente (Cass., 17691/2004) è rimasta isolata nella giurisprudenza della S.C. e, tra l'altro, si riferisce alla diversa ipotesi di azione revocatoria fallimentare.
In proposito giova rilevare che le Sezioni unite hanno chiarito che nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale) (Sez. U, Sentenza n. 15661 del 27/07/2005).
Per ciò che attiene, in particolare, all'accertamento del passivo fallimentare, già da tempo le Sezioni unite della Corte hanno precisato che nell'esecuzione concorsuale, la norma in forza della quale si crea un conflitto fra più creditori del medesimo debitore è quella della L. Fall., art. 44, perché da essa discende la riserva dei beni del fallito (o dell'imprenditore in liquidazione coatta) a favore dei creditori anteriori alla dichiarazione di fallimento (o al provvedimento di liquidazione coatta, stante il richiamo all'art. 44 contenuto nella L. Fall., art. 200) e la preclusione per i creditori posteriori della possibilità di affermare il proprio diritto al concorso (ex art. 2740 c.c). Invero, la norma che sancisce un'opponibilità ai creditori degli atti compiuti dal fallito, solo se compiuti prima della dichiarazione di fallimento, postula che detti creditori, che sono terzi rispetto ai suddetti atti, vantino una situazione di tutela in base ad un'altra norma, quale è quella dell'art. 52, che dispone che il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, di guisa che quest'ultima deve essere letta come se dicesse: apre il concorso dei creditori anteriori (Cass., Sez. un. Sentenza n. 8879 del 1990, in motivazione).
L'anteriorità del credito, dunque, assume i connotati di un elemento costitutivo del diritto di partecipare al concorso e, quindi, alla distribuzione dell'attivo fallimentare. Non si tratta, dunque, di eccezione in senso stretto riservata all'iniziativa di parte (curatore o creditori concorrenti).
3.3.- Quanto al terzo motivo la S.C. ha già avuto modo di precisare (sebbene in relazione a fattispecie regolata dalla L. Fall., previgente art. 98) che nel giudizio di opposizione allo stato passivo, regolato dal principio dispositivo come qualunque ordinario giudizio di cognizione a natura contenziosa,
diversamente da quello di opposizione a sentenza dichiarativa di fallimento - nel quale il fascicolo della procedura è acquisibile d'ufficio, in ragione della natura inquisitoria del procedimento che porta all'apertura del fallimento e del quale l'opposizione costituisce la prosecuzione - materiale probatorio è quello prodotto dalle parti o acquisito dal giudice, ai sensi degli artt. 210 e 213 cod. proc. civ., ed è solo quel materiale che ha titolo a restare nel processo (Sez. 1, Sentenza n. 24415 del 19/11/2009; Sez. 1, Sentenza n. 10118 del 02/05/2006).
Il principio dispositivo è tuttora alla base del procedimento di cui alla L. Fall., art. 99, nel testo introdotto dalla riforma e dal D.Lgs. correttivo del 2007 e ciò sin dalla fase della verifica dinanzi al g.d.. Infatti, la L. Fall., nuovo art. 95, (applicabile ratione temporis) prevede espressamente che il g.d. decide sulle domande nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate dagli altri interessati. Tanto può essere affermato. 4.- Il ricorso può, dunque, essere deciso in camera di consiglio ex artt. 375 e 380 bis c.p.c.".
La difesa della società ricorrente ha depositato memoria. p. 2. - Il Collegio condivide e fa proprie le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano - non scalfite dal contenuto della memoria - e che conducono al rigetto del ricorso.
Nulla va disposto in ordine alle spese stante la mancata difesa degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2010