Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 9963 - pubb. 29/01/2014

Sospensione della vendita e prezzo notevolmente inferiore al giusto

Cassazione civile, sez. I, 27 Novembre 1996, n. 10539. Est. Bibolini.


Fallimento - Liquidazione dell'attivo - Vendita di immobili - Modalità - Sospensione della vendita in caso di prezzo offerto notevolmente inferiore a quello giusto - Potere del giudice delegato - Giusto prezzo - Nozione.



In tema di liquidazione dell'attivo fallimentare, l'art. 108, terzo comma, legge fallimentare, che attribuisce al giudice delegato il potere di sospendere la vendita di un immobile quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, costituisce uno strumento speciale e tipico dell'ordinamento concorsuale, destinato al conseguimento delle migliori condizioni satisfattive della massa dei creditori, al fine di rendere utilizzabili tutte le possibilità concrete di una migliore liquidazione dell'attivo. In relazione, il "giusto prezzo" al quale ragguagliare le offerte precedenti e successive all'aggiudicazione, deve individuarsi come il prezzo realizzabile secondo il gioco delle domande ammissibili ed al rialzo degli interessati, ivi comprese le domande successive all'aggiudicazione (ma anteriori al decreto di trasferimento) che abbiano carattere di serietà. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



Segnalazione dell'Avv. Paola Cuzzocrea


SENTENZA
sul ricorso proposto
omissis

FATTO
Su istanza del Curatore, il giudice delegato al fallimento della s. a s. Eridania Compensati disponeva la vendita senza incanto di una striscia di terreno accatastata al mapp. 199, ff. 19 della partita 2374 nel comune di Gualtieri. In esito al procedimento rimaneva aggiudicataria per il prezzo di L. 1.300.000 la s.r.l. Molino F.lli Denti, che già aveva acquistato dal fallimento un complesso immobiliare.
Prima dell'emissione del decreto di trasferimento, la s.r.l. La Chiocciola depositava istanza al giudice delegato (in data 12 novembre 1991) con cui, lamentando di non avere potuto prendere parte alla gara relativa al predetto mappale n.. 199 per insufficiente pubblicità e per mancanza di elementi indicativi essenziali nel bando di vendita; dichiarandosi, inoltre, interessata all'acquisto del mappale indicato per una somma non inferiore a L. 9.000.000;
tanto premesso, chiedeva la sospensione della vendita e la nuova offerta del bene ai pubblici incanti.
Il giudice delegato con ordinanza in data 15 novembre 1991 sospendeva la vendita ritenendo che il prezzo pagato all'aggiudicatario fosse notevolmente inferiore a quello giusto. Su reclamo proposto avverso questo provvedimento dalla s.r.l. Denti, provvedeva il Tribunale di Reggio Emilia che, con decreto in data 10 luglio 1992, revocava l'ordinanza di sospensione e la successiva (26 novembre 1991) ordinanza di vendita con incanto emesse dal giudice delegato.
Il Tribunale motivava il provvedimento in relazione alla disciplina dell'art. 108(3) L.F., ritenendo: che la funzione della disciplina indicata fosse quella di impedire che alle gare fallimentari gli offerenti compissero operazioni speculative acquisendo beni fallimentari "a prezzi stracciati"; che non sempre quando venga offerto un prezzo superiore si può ritenere che la vendita sia avvenuta a prezzo notevolmente inferiore a quello giusto;
che nella specie la striscia di terreno era pressoché priva di oggettivo valore economico e che non era stata originariamente posta in vendita unitamente al complesso immobiliare del fallimento perché ritenuta destinata all'espropriazione per ampliamento di strada; che la società Denti aveva acquistato in buona fede offrendo un prezzo congruo; che la ragione della vendita separata del mappale 199 rispetto al restante compendio immobiliare era da ricercarsi nell'indicata ragione, e non per consentire al s.r.l Molino Denti una operazione speculativa in danno dei creditori; che mentre non era inferiore al giusto il prezzo di L. 1.300.000, era sproporzionata in eccesso l'offerta di L. 9.000.000 verosimilmente finalizzata ad altri scopi.
Avverso detta decisione, emessa sulla base del disposto dell'art. 26 L.F., proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi integrati da memoria, ex art. 111 Cost., la s.r.l. La Chiocciola. Non svolgeva attività processuale la curatela fallimentare. A seguito di ordinanza emessa da questa Corte in data 10 ottobre 1995, la ricorrente integrava il contraddittorio nei confronti della s.r.l. Molino Fratelli Denti nonché della Cassa Rurale ed Artigiana di Gualtieri.
In conseguenza la Banca Bentivoglio (già Cassa Rurale ed Artigiana di Gualtieri scrl) depositava controricorso incidentale adesivo; la s.r.l. Molino F.lli Denti depositava controricorso a ricorso principale ed a controricorso incidentale adesivo. Depositavano memorie la ricorrente e la Banca Bentivoglio.

DIRITTO
I ).
Con il primo mezzo di cassazione la s.r.l. La Chiocciola deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 108(3) L.F. (art. 360 n.. 3 c.p.c.).
Sostiene la ricorrente che la giustezza del prezzo deve essere riguardata con riferimento all'interesse della procedura concorsuale di spuntare nella vendita il massimo prezzo, e non in base ad un criterio di carattere generale, quale può essere quello determinato con una stima. La presentazione di una seria offerta di acquisto, quindi, può essere un elemento utile per individuare il concreto interesse all'acquisizione di un bene che il fallimento possa sfruttare per la propria finalità istituzionale. È d'altronde principio più volte affermato che il potere di sospensione da parte del giudice delegato possa essere esercitato anche dopo l'aggiudicazione, purché prima del decreto di trasferimento. Tanto premesso, si rileva che il Tribunale di Reggio Emilia, provvedendo sul reclamo in senso contrario all'indirizzo in precedenza espresso dal giudice delegato, non si è soffermato ne' sulla serietà dell'offerta fatta dall'attuale ricorrente, ne' sulla esistenza della rilevante differenza tra detta offerta ed il prezzo di aggiudicazione al fine di individuare un'ipotesi sospensiva ex art 108(3) L.F.. In effetti la differenza e la sua rilevanza è data per pacifica al solo fine, peraltro, di valutarla negativamente per eccesso in relazione al concetto di giustezza del prezzo. Il Tribunale predetto, infatti, ha assegnato alla disposizione dell'art. 108(3) L.F. una funzione specifica (quella di evitare manovre speculative al ribasso nelle vendite fallimentari), per cui, se male non si è compresa la motivazione del decreto, sarebbe estranea alla fattispecie richiamata un'offerta "manifestamente sproporzionata" in eccesso rispetto al prezzo dal Tribunale ritenuto adeguato (nella specie, quello di aggiudicazione alla s.r.l. Molino Fratelli Denti), offerta "verosimilmente finalizzata ad altri scopi". A tale fine il giudice del reclamo determinava con modalità diretta il "giusto prezzo", in relazione al carattere residuale della striscia di terreno, alla scarsa utilizzabilità dello stesso ritenuto "privo di oggettivo valore economico", alle vicende processuali che avevano indotto il fallimento a non vendere detta striscia di terreno insieme agli altri compendi immobiliari a loro volta acquistati dalla società Molino F.lli. Denti. Conseguentemente, una volta identificato nel prezzo di vendita alla s.r.l. Molino F.lli Denti il "giusto prezzo", ed escluso che il prezzo di aggiudicazione fosse inferiore a quel parametro, in quanto con esso coincidente, era ritenuta irrilevante, rispetto alla fattispecie dell'art. 108(3) L.F., qualsiasi altra offerta, anche se notevolmente superiore.
Si è richiamata la linea logica seguita dal Tribunale di Reggio Emilia, al fine di individuare il sostanziale vizio concettuale di base su cui tutta l'argomentazione è fondata, vizio coinvolgente sia la funzione della vendita fallimentare e del provvedimento di sospensione (la cui funzione non è limitata all'interruzione di un procedimento di aggiudicazione in atto, ma è volta, tramite la sospensione, all'instaurazione di un nuovo procedimento di vendita a prezzo superiore, con annullamento dei provvedimenti in precedenza assunti), sia il concetto stesso di "giusto prezzo", rispetto al quale valutare l'offerta della precedente aggiudicazione nonché l'entità e la rilevanza della nuova offerta. Il vizio, inoltre, attiene alla funzione stessa della disciplina dell'art. 108 L.F., per cui esula dalla semplice linea logica della motivazione e incide su situazione di diritto e sull'applicazione della legge. L'art. 108 L.F. richiamando, per la liquidazione dell'attivo fallimentare, la disciplina del codice di rito, integrata con disposizioni particolari, valorizza nel fallimento l'aspetto di procedimento esecutivo, volto alla soddisfazione dei creditori ammessi al passivo, mediante la liquidazione del patrimonio del debitore. Poiché i soggetti tutelati in via prioritaria mediante l'azione esecutiva concorsuale sono i creditori che hanno subito l'inadempienza del debitore - imprenditore, la liquidazione dell'attivo deve avvenire al prezzo massimo realizzabile, al fine di offrire alla massa passiva fallimentare la più alta soddisfazione possibile. A questa finalità corrisponde la disciplina della vendita dei beni immobili nella procedura esecutiva disciplinata dal codice di rito, nella quale la determinazione del prezzo di vendita non è lasciata ad una stima diretta (che può costituire solo la base della gara), ovvero ad una valutazione di carattere generale o astratto, ma deve essere verificato e determinato mediante una gara al rialzo, cui possano partecipare tutti i soggetti interessati all'acquisto. Il prezzo di vendita, quindi, ed il giusto prezzo cui la vendita possa avvenire soddisfacendo, ad un tempo, le esigenze degli interessati all'acquisto e quelle dei creditori che dalla liquidazione attendono soddisfazione alle rispettive ragioni creditorie, è quello che deriva dal gioco dell'offerta e della domanda, espressa la prima nella determinazione di un prezzo base pubblicizzato e, la seconda, nel concorso al rialzo degli interessati, qualora una pluralità di interessati sussista, sia nella forma della vendita con incanto, sia in quella senza incanto. La gara è la componente strumentale comunque da utilizzare ogni qual volta vi sia una pluralità di interessati, e trattasi di gara in aumento di prezzo, indice del fine della procedura di realizzare il massimo prezzo di vendita possibile, mercè il gioco di mercato volto a fare emergere tutti i possibili interessamenti in concreto esprimibili per l'acquisto di quel bene, anche quelli che il criterio generale di stima possa non avere individuato nella fissazione della base di gara. Non solo, anche nella procedura esecutiva ordinaria, qualora uno o più interessamenti all'acquisto non si siano espressi nella gara, la legge consente (sia pure entro termini e quote determinate-art. 584 C.P.C.) che anche dette opportunità possano essere recuperate alla procedura di vendita ed alla gara al rialzo, mediante le offerte successive superiori di un sesto rispetto al prezzo di aggiudicazione.
Questa possibilità, già insita nella procedura esecutiva ordinaria, viene esaltata dall'art. 108(3) L.F., che consente nel fallimento di recuperare alle modalità di vendita interessamenti al rialzo anche al di fuori del limite temporale dell'art. 584 C.P.C., fino all'emissione del decreto di trasferimento che determina la chiusura del singolo procedimento di vendita in forma esecutiva (per la possibilità della sospensione anche dopo l'aggiudicazione, purché prima del decreto di trasferimento ed anche nella vendita senza incanto v. Cass. 12 novembre 1993 n.. 11187; v. anche cass. 21 gennaio 1993 n.. 10421; 7 luglio 1993 n.. 7453; 27 febbraio 1992 n.. 2420; 10 dicembre 1991 n.. 13258).
Le caratteristiche strutturali della liquidazione fallimentare, accentuano, proprio con la disposizione dell'art. 108(3) L.F., le possibilità della procedura esecutiva ordinaria di spuntare il massimo prezzo possibile, recuperando alle valide possibilità di acquisto anche interessamenti successivi all'aggiudicazione, per fare sì che le opportunità di gara in aumento siano le più ampie consentite dalle possibilità di mercato del singolo bene, La funzione, quindi, della disciplina dell'art. 108(3) L.F., non è solo quella di neutralizzare speculazioni al ribasso, ma essenzialmente quella di suscitare, valorizzare ed utilizzare, interessamenti al rialzo, e solo nell'ambito di questa più ampia finalità isolare anche il fenomeno speculativo a detrimento dei creditori. Conseguentemente, il prezzo equo al quale ragguagliare quello della precedente aggiudicazione, e quello della nuova offerta, non è ne' un concetto etico, difficilmente quantificabile in concreto, ne' un concetto astratto o di stima, ma è semplicemente il prezzo di mercato del bene determinato dal gioco delle offerte al rialzo, una volta che tutti gli interessamenti in offerta ed in aumento abbiano la possibilità di esprimersi.
Alla determinazione del giusto prezzo, in definitiva, può ben contribuire un'offerta successiva all'aggiudicazione, una volta che sia stata valutata nella sua entità, serietà ed eseguibilità, tale da fare emergere alle possibilità di acquisto anche interessi particolari o, come si suol dire, di nicchia, che una valutazione sulla base dei criteri generali ed ordinari di stima potrebbe anche non avere individuato.
Il fatto poi che di fronte ad un prezzo di vendita superiore, la precedente offerta sia inferiore in misura rilevante, non significa affatto attribuire al precedente offerente la qualifica di speculatore al ribasso (cosa che sembra preoccupare il Tribunale di Reggio Emilia in ordine alla posizione di buona fede affermata della s.r.l. Mulino F.lli Denti, dopo avere delimitato la funzione della norma in esame alla neutralizzazione di fenomeni speculativi), ma semplicemente quella di offerente ad un prezzo inferiore, secondo un'autonoma valutazione del proprio interesse sul bene. La posizione di buona fede della s.r.l. Mulino F.lli Denti, dal tribunale espressamente affermata, non attiene necessariamente alla fattispecie dell'art. 108(3) L.F..
Conseguente è l'accoglimento del ricorso e la cassazione del provvedimento impugnato, in quanto fondato su un'impropria funzione della liquidazione fallimentare secondo la disciplina dell'art. 108 L.F., ed un'erronea concezione del "giusto prezzo" al quale ragguagliare la precedente aggiudicazione e sulla cui base valutare la nuova offerta; situazioni attinenti all'interpretazione ed all'applicazione della legge.
Di conseguenza non assume carattere di fondatezza l'eccezione di  inamissibilità proposta dalla controricorrente s.r.l. Molino F.lli Denti, sul presupposto che il ricorso richiederebbe al giudice di legittimità il riesame di una valutazione riservata al giudice del merito. Al contrario, il motivo di ricorso esaminato attiene a principi di diritto cui il giudice del merito avrebbe dovuto comunque attenersi nella sua valutazione, per cui la violazione di detti principi richiede da parte dello stesso Tribunale una esame della situazione sulla base di corretti criteri giuridici. Nella specie non viene in discussione ne' la motivazione del provvedimento (situazione non deducibile sotto il profilo dell'art. 111(2) Cost. se non nell'ipotesi di carenza assoluta di motivazione o di motivazione apparente), ne' la sussistenza del potere discrezionale, ma i parametri giuridici che legittimano l'esercizio del potere ed ai quali l'esercizio di quel potere deve corrispondere. Non assume inoltre rilievo l'eccezione, ancora del controricorrente predetto, secondo cui la pronuncia della Corte sarebbe inutiliter data, non potendo modificare la situazione di fatto e giuridica determinatasi. Ed invero, una volta ritenuta la tempestività e la ritualità del ricorso per cassazione, l'evoluzione delle situazioni di fatto si traduce nell'allegazione di un inconveniente non idoneo ne' a risolvere la questione, ne' a fare venire meno l'interesse della ricorrente, e dei soggetti che abbiano espresso posizioni adesive.
Il Tribunale di Reggio Emilia, pertanto, in diversa composizione, dovrà riesaminare la situazione tenendo conto che l'art. 108(3) L.F. costituisce uno strumento speciale e tipico dell'ordinamento concorsuale, destinato al conseguimento delle migliori condizioni satisfattive della massa dei creditori, al fine di rendere utilizzabili tutte le possibilità concrete di una migliore liquidazione dell'attivo. In relazione, il "giusto prezzo" al quale ragguagliare le offerte precedenti e successive all'aggiudicazione, deve individuarsi come il prezzo realizzabile secondo il gioco delle domande ammissibili ed al rialzo degli interessati, ivi comprese le domande successive all'aggiudicazione (ma anteriori al decreto di trasferimento) che abbiano carattere di serietà.
Il secondo mezzo di cassazione, secondo cui sussisterebbe la nullità del procedimento (art. 360 n.. 4 c.p.c.) per i vizi rilevabili nella vendita senza incanto, è assorbito dall'accoglimento del primo motivo e le relative questioni rimangono aperte alla valutazione del giudice del rinvio.
La banca Bentivoglio, che aveva proposto intervento adesivo alla posizione della s.r.l. La Chiocciola in sede di reclamo, e che ha ribadito la sua posizione adesiva anche in sede di legittimità, qualificando il proprio atto come "controricorso incidentale adesivo", oltre ad esporre argomentazioni a sostegno della posizione della ricorrente s.r.l. La Chiocciola, ha proposto un autonomo motivo di ricorso deducendo un vizio motivazionale ex art. 360 n.. 5 C.P.C., coinvolgente situazioni di fatto (posizione della striscia di terreno in oggetto in relazione alla varie possibilità di utilizzazione). Detto motivo, individuato come "terzo motivo" è inammissibile, sia perché in contrasto con la posizione di "controricorrente" dalla Banca Bentivoglio espressa, sia perché estraneo alla posizione adesiva assunta dalla banca nella vicenda processuale, sia infine perché è inerente a situazioni di fatto non esaminabili in sede di legittimità, sia comunque perché il vizio di motivazione, non tradottosi in una mancanza assoluta di motivo, è estraneo alla previsione dell'art. 111(2) Cost..

P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo; dichiara inammissibile il terzo motivo proposto dalla Banca Bentivoglio. Cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Reggio Emilia, in diversa composizione. Roma 28 maggio 1996.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 27 NOVEMBRE 1996