Diritto Penale


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20669 - pubb. 24/10/2018

Discrimine tra le misure di sicurezza detentive e quella non detentiva della libertà vigilata

Tribunale Torino, 17 Ottobre 2018. Pres., est. Vignera.


Misure di sicurezza - Libertà vigilata - Prescrizioni - Ricovero obbligatorio in comunità - Carattere sostanzialmente detentivo della misura - Esclusione



Il discrimine tra le misure di sicurezza detentive e quella non detentiva della libertà vigilata consiste non nel contenuto delle limitazioni della libertà personale che esse comportano, ma nella coattività o meno di tali limitazioni. Conseguentemente, deve considerarsi legittima la prescrizione, con la quale il magistrato di sorveglianza pone a carico del libero vigilato l’obbligo di sottoporsi a programma terapeutico presso una comunità, atteso che l’osservanza di tale obbligo non può essere imposta in modo coercitivo. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO


IL TRIBUNALE

Il giorno 17-10-2018 in TORINO si è riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei componenti:

Dott. VIGNERA GIUSEPPE Presidente est.

" CALI MONICA Giudice

" AMASIO PAOLA Esperto

" RAIMONDI CATERINA Esperto

ed ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei confronti di D. S. M. D. (nato a XXXX il XXXX, domiciliato in COMUNITA' IL TIGLIO - VIA ROMITA 5/7 - ACQUI TERME, difeso dall’Avv. Ennio PISCHEDDA e dall’Avv. Andrea COSTA del Foro di Genova, di fiducia, condannato con Sentenza N. 2018/70 Reg. Gen., emessa in data 10-01-2018 da Corte di Appello GENOVA, in parziale riforma di quella in data 30-03-2017 emessa dal Tribunale Ordinario GENOVA, definitiva il 27-03-2018) nel procedimento di sorveglianza avente ad oggetto l’appello avverso provvedimento in materia di misura di sicurezza.

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1.- Il 14 maggio 2018 il Magistrato di Sorveglianza di Alessandria pronunciava la seguente ordinanza nei confronti di D. S. M. D.:

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Con la detta sentenza D. S., in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova, è stato condannato alla pena di anni 1 di reclusione per i reati di cui agli artt. 337, 582, 585 e 576 c.p., previo riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 89 c.p.

La relazione della Comunità “Il Tiglio” in data 7.5.2018 evidenzia quanto segue: trattasi di soggetto affetto da infermità psichica riconducibile ad un “disturbo schizoide di personalità con un abuso pregresso di sostanze stupefacenti”. All’inserimento in struttura, D. S. ha mostrato notevoli difficoltà di adattamento alla vita quotidiana della comunità, conformandosi alle regole proposte grazie al ripetuto intervento dell’équipe multidisciplinare. Spesso molto richiedente, tende a porsi con la persona con comportamento inizialmente manipolativo, poi, se frustrato, tende a divenire oppositivo, disforico e agitato sul piano psicomotorio. L’ideazione, povera nei contenuti, è scevra da allucinazioni e verte più sul diniego degli agiti etero aggressivi in ambito familiare e sul desiderio di avere, al sopraggiungere del fine pena, una vita autonoma insieme alla fidanzata con la quale mantiene contatti telefonici ed epistolari. Esprime il proprio consenso alle cure esclusivamente in virtù dei vigenti obblighi giudiziari poiché ritiene di non essere affetto da alcun disturbo mentale bensì vittima di una persecuzione giudiziaria. Asserisce di volersi autodimettere appena possibile e di aver accettato per la prima volta una terapia farmacologica la cui adesione appare minima e non sufficiente a prevenire il controllo degli impulsi in assenza di un continuo e puntuale intervento educativo di sostegno. Il soggetto, infine, nel corso del periodo di osservazione, ha ricevuto una visita di entrambi genitori, ai quali si è rivolto inizialmente esprimendo manifestazioni fisiche d’affetto per poi divenire fortemente disforico ed espulsivo dopo essere stato esortato ad aderire ai trattamenti riabilitativi ed invitato a riflettere in merito all’attuale stato di disoccupazione, mancanza di salute mentale ed autonomia personale. L’équipe ritiene che D. S., pur avendo instaurato un iniziale rapporto di stima e di fiducia con gli operatori e mostrato un lieve miglioramento nel comportamento, non ha raggiunto una sufficiente stabilizzazione clinica e un’adesione al progetto riabilitativo tale da poter auspicare una dimissione a breve termine e la prosecuzione delle cure, a minore intensità, presso il territorio di residenza.

Il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze di Genova - Struttura Complessa SER.T., nella relazione dell’8 maggio 2018, evidenzia che il soggetto è conosciuto dal SER.T. di Genova dal 2009 per un disturbo da uso di sostanze al quale si associa un disturbo psicopatologico complesso e clinicamente rilevante. Il profilo psicologico si caratterizza per una pensiero rigidamente ostinato e difficilmente accessibile. A ciò si devono aggiungere difficoltà cognitive che rendono problematico qualunque tentativo di elaborazione. Forti sono anche le difficoltà relazionali: la diffidenza di fondo contraddistingue il suo modo di approcciarsi alle situazioni e alle persone giungendo spesso a sconfinare in un vero e proprio pensiero paranoide. A tratti, invece, assume atteggiamenti di eccessiva ed inadeguata confidenza con gli interlocutori, pensando di poter instaurare una relazione privilegiata basata su connivenza ed omertà. Infine, spesso assume comportamenti grossolanamente ispirati ad uno ad uno stile comunicativo malavitoso. Il quadro psicopatologico descritto si aggravava in senso paranoide nei momenti in cui maggiormente il paziente faceva uso di sostanze stimolanti, principalmente cocaina. La consapevolezza che mostra nei confronti dei problemi che lo affliggono è sempre stata piuttosto limitata e superficiale. Questo aspetto ha raggiunto il suo acme quando, in prossimità della iniziale valutazione della sua pericolosità sociale, ha pensato fino all’ultimo di poter gestire la questione con le sue abituali modalità manipolative, non rendendosi conto del fatto che, non sottoponendosi al programma di monitoraggio e terapie proposto, avrebbe probabilmente aggravato la propria situazione. Il lavoro fatto in Comunità sembra iniziare a dare qualche frutto ma è necessario che D. S. approfondisca il percorso intrapreso prima di poter pensare che un suo rientro in un programma territoriale sia meno a rischio di ricaduta.

Dalla nota del 10.05.2018 del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze di Genova – Unità Funzionale Psichiatria Forense risulta che il soggetto ha evidenziato una maggiore stabilizzazione del quadro clinico. Accetta di assumere la terapia psicofarmacologica, un tempo rifiutata, evidenziando un iniziale consapevolezza di malattia.

A colloquio manifesta la motivazione a proseguire con maggior continuità la relazione con il SER.T. territorialmente competente e il desiderio di trovare una collocazione abitativa presso la fidanzata che avrebbe manifestato il consenso ad accoglierlo. Dichiara altresì di voler intraprendere l’attività lavorativa proposta dallo zio paterno.

La Questura di Genova, con nota dell’8 maggio 2018, da atto che D. S.: il 20 settembre 2008 è stato indagato per produzione e traffico di sostanze stupefacenti; il 10 settembre 2010 è stato indagato per violenza privata; il 30 giugno 2012 è stato arrestato per resistenza a Pubblico Ufficiale e lesioni personali aggravate; il 19 ottobre 2013 è stato arrestato per spendita ed introduzione nello Stato di moneta falsificata; il 27 marzo 2014 gli è stato notificato l’avviso orale del Questore di Genova; il 7 agosto 2016 è stato arrestato per evasione; l’8 agosto 2016 è stato indagato per porto d’armi o oggetti atti ad offendere; il 24 gennaio 2017 è stato arrestato per resistenza e lesioni aggravate a Pubblico Ufficiale e insolvenza fraudolenta in concorso; il 12 febbraio 2017 è stato indagato per evasione; il 13 marzo 2017 stato indagato per resistenza a Pubblico Ufficiale; il 3 luglio 2007 è stato indagato per evasione.

In esito agli accertamenti effettuati è emerso che D. S., nel corso della sottoposizione alla misura di sicurezza, ha sempre rispettato le prescrizioni imposte (v. nota dei Carabinieri di Acqui Terme in data 9.5.2018).

In conclusione, in considerazione degli elementi sopra indicati e, in particolare, della gravità e “strutturazione” della condizione psicopatologica del soggetto, della scarsa consapevolezza di malattia, della minima spontanea adesione alla terapia farmacologica e del persistente emergere di atteggiamenti oppositivi e disforici, permane inalterato il giudizio di pericolosità sociale di D. S. M. D., riconfermata dalla circostanza che l’efficace contenimento della patologia psichiatrica correlata è possibile solo con il costante controllo degli operatori della Comunità, sia attraverso la vigilanza sull’assunzione della terapia farmacologica, sia attraverso il progetto riabilitativo perseguito nella Comunità stessa, non apparendo il soggetto, allo stato, in grado di raggiungere un livello di autonomia organizzativa ed individuale idoneo a sostenerla libero da obblighi e prescrizioni, mentre, per contro, appare appropriato il progetto terapeutico, formulato dai servizi, che prevede il proseguimento dell’inserimento nella medesima struttura.

Ne consegue che deve essere ordinata l’applicazione della misura di sicurezza già disposta dalla Corte d’Appello di Genova con sentenza n. 70/2018 in data 10.01.2018, definitiva il 27.03.2018, da svolgersi presso la Comunità attuale, struttura idonea a supportare D. S. M. D., così da soddisfare adeguatamente le esigenze contenitive emerse a carico dello stesso.

P . Q . M.

Visti gli artt. 666, 678 e 679 C.P.P.,

DICHIARA

ATTUALE la pericolosità sociale di D. S. M. D.;

DISPONE

applicarsi nei confronti di D. S. M. D. la misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 1 (uno), stabilendo al riguardo le seguenti

PRESCRIZIONI

1) il libero vigilato dovrà mantenere il domicilio presso la Comunità “Il Tiglio”, sita in Acqui Terme, e non modificherà tale domicilio senza previa autorizzazione dell’Ufficio di Sorveglianza di Alessandria, nella cui giurisdizione dovrà svolgersi la misura;

2) la sorveglianza del libero vigilato è demandata al Comando Stazione Carabinieri di Acqui Terme territorialmente competente;

3) il libero vigilato non potrà lasciare la struttura terapeutica se non in compagnia di un operatore professionale della medesima e per finalità ritenute congrue alla terapia in atto dai responsabili nei limiti del territorio della Provincia di Alessandria;

4) il libero vigilato non potrà, comunque, lasciare il territorio del Comune di domicilio senza avviso alla Forza di Polizia che lo controlla e non potrà, comunque, lasciare il territorio della Provincia di Alessandria senza autorizzazione del Magistrato di Sorveglianza;

5) il libero vigilato dovrà in ogni caso trovarsi nella struttura terapeutica tra le ore 20.00 di ogni giorno e le ore 8.00 del successivo;

6) il libero vigilato manterrà contatti, per il tramite degli operatori, con l’UEPE di Alessandria, per quanto ritenuto necessario per l’attuazione del programma, secondo le indicazioni da questo impartite di concerto con il Centro di Salute Mentale (C.S.M.) e la Comunità;

7) il libero vigilato dovrà scrupolosamente sottoporsi alle terapie e alle indicazioni trattamentali impartitegli dai responsabili del suo trattamento;

8) il condannato rispetterà scrupolosamente il regolamento interno della Comunità;

9) il libero vigilato si asterrà dall’uso di sostanze stupefacenti e dall’abuso di sostanze alcoliche, manterrà buona condotta, evitando di frequentare pregiudicati, locali da questi frequentati e case da gioco e non porterà con sé armi o strumenti atti ad offendere, né potrà guidare alcun veicolo a motore;

10) il libero vigilato porterà sempre con sé copia del presente provvedimento e lo esibirà;

11) il libero vigilato si presenterà (accompagnato da un operatore) entro 2 giorni dalla notificazione del presente provvedimento ai Carabinieri di Acqui Terme per il rilascio della carta precettiva e la sottoposizione agli obblighi.

La presente misura di sicurezza determina per il libero vigilato:

1.      la sospensione della patente di guida;

2.     il ritiro del passaporto e la sospensione della validità, ai fini dell’espatrio, di ogni documento equivalente.

Ogni violazione delle prescrizioni predette che possa determinare l’inidoneità del trattamento in corso e delle prescrizioni medesime al contenimento e trattamento del libero vigilato, ovvero un aumento delle pericolosità sociale dovrà essere immediatamente comunicata al Magistrato di Sorveglianza di Alessandria per i provvedimenti conseguenti.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza>>.

 

2.- Avverso tale ordinanza ha proposto appello il Difensore, il quale ha contestato la ritenuta pericolosità sociale del D. S. e [invocando pronunce della Corte di Cassazione (Cass. pen. 2013/26702, 2014/49497, 2015/46334 e /2017/47348): alcune delle quali, peraltro, non hanno alcuna attinenza con la problematica in esame, stando alle relative massime e motivazioni rinvenute nella Banca dati CED-Italgiure dall’estensore del presente provvedimento] ha chiesto la modifica delle superiori prescrizioni perché le stesse, imponendo al libero vigilato l’obbligo di permanere presso una comunità terapeutica e di sottoporsi al programma terapeutico-riabilitativo predisposto dai responsabili del suo trattamento, avrebbero conferito alla libertà vigilata “tratti coercitivi e detentivi incompatibili con la essenza stessa della misura in questione” e lesivi pure dell’art. 32 Cost.

 

3. – L’impugnazione è infondata.

Va osservato preliminarmente che, ad onta dell’assai articolata motivazione data dalla gravata ordinanza sul punto concernente la pericolosità sociale del D. S., con la dichiarazione di impugnazione ci si limita ad osservare in contrario quanto segue: “la misura in questione è stata applicata dal Magistrato di Sorveglianza de plano senza alcuna previa verifica dell’attualità della pericolosità del giovane e senza tenere conto del non trascurabile periodo trascorso in strutture terapeutiche quando si trovava agli arresti domiciliari”.

Attesa la genericità della doglianza in parte qua, pertanto, appare sufficiente ribadire in questa sede quanto è stato esaurientemente scritto al riguardo nell’impugnato provvedimento: “In conclusione, in considerazione degli elementi sopra indicati e, in particolare, della gravità e ‘strutturazione’ della condizione psicopatologica del soggetto, della scarsa consapevolezza di malattia, della minima spontanea adesione alla terapia farmacologica e del persistente emergere di atteggiamenti oppositivi e disforici, permane inalterato il giudizio di pericolosità sociale di D. S. M. D., riconfermata dalla circostanza che l’efficace contenimento della patologia psichiatrica correlata è possibile solo con il costante controllo degli operatori della Comunità, sia attraverso la vigilanza sull’assunzione della terapia farmacologica, sia attraverso il progetto riabilitativo perseguito nella Comunità stessa, non apparendo il soggetto, allo stato, in grado di raggiungere un livello di autonomia organizzativa ed individuale idoneo a sostenerla libero da obblighi e prescrizioni, mentre, per contro, appare appropriato il progetto terapeutico, formulato dai servizi, che prevede il proseguimento dell’inserimento nella medesima struttura”.

 

4.- Quanto ai dedotti e contestati “tratti coercitivi e detentivi” delle prescrizioni date dall’appellato provvedimento, si osserva in contrario che:

  • sono coessenziali alla misura di sicurezza della libertà vigilata limitazioni della libertà della persona ad essa sottoposta, il contenuto delle quali (limitazioni) spetta al giudice in relazione alla pericolosità sociale casu concreto dell’interessato (v. ultimamente Cass. pen. Sez. I, sentenza 27 settembre 2017 n. 48569, Vecchi, Rv. 271406, nella cui motivazione sta scritto:l'art. 228, comma secondo, cod. pen., prevede che «alla persona in stato di libertà vigilata sono imposte dal giudice prescrizioni idonee a evitare le occasioni di nuovi reati», così attribuendo al giudice il potere discrezionale di individuare le più idonee restrizioni, nei limiti di cui al successivo comma quarto”);
  • il discrimine tra le misure di sicurezza detentive e quella non detentiva della libertà vigilata consiste non nel contenuto delle limitazioni della libertà personale che esse comportano, ma nella coattività o meno di tali limitazioni;
  • le prescrizioni delle misure di sicurezza detentiva, infatti, hanno natura coercitiva perché, se non rispettate, la loro osservanza può essere imposta anche contro la volontà dell’interessato (ad esempio: in caso di “fuga” da una REMS o da una casa di lavoro o da una colonia agricola l’internato, se ritrovato dalle Forze dell’Ordine, viene ricondotto in struttura manu militari al pari del detenuto che sia evaso da un Istituto penitenziario);
  • le prescrizioni della libertà vigilata, invece, non hanno tale natura coercitiva perché la loro osservanza non può essere imposta coattivamente al libero vigilato (ad esempio, in caso di “fuga” da una Comunità terapeutica il libero vigilato, se ritrovato dalle Forze dell’Ordine, non può essere riportato in Comunità contro la sua volontà) e, in caso di inosservanza delle prescrizioni medesime, può procedersi soltanto ad un “aggravamento” della misura ai sensi degli artt. 231-232 c.p.: e ciò peraltro non automaticamente, ma avuto riguardo (per esempio e specialmente) al contenuto delle prescrizioni non rispettate e/o alla occasionalità o abitualità delle violazioni;
  • questa conclusione trova riscontro pure nella giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui “l'obbligo di risiedere presso la struttura comunitaria non è assimilabile ex se ad un ricovero obbligatorio con la sostanziale applicazione di una misura detentiva” (così in motivazione Cass. pen. Sez. Sez. 1, sentenza 22 maggio 2015 n. 33904, PM in proc. Pepe, Rv. 264604).
 
P.Q.M.

conferma l’impugnata ordinanza.

Così deciso in TORINO il 17-10-2018.

 

Il Presidente estensore

Dr. Giuseppe Vignera