Diritto Penale


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24460 - pubb. 04/11/2020

Domanda di misura alternativa alla detenzione da eseguire in uno Stato estero membro dell’Unione Europea

Tribunale Torino, 29 Ottobre 2020. Pres., Est. Vignera.


Ordinamento penitenziario - Misure alternative alla detenzione - Condannato residente in altro stato dell'Unione Europea - Esecuzione all'estero - Ammissibilità

Ordinamento penitenziario - Misure alternative alla detenzione - Esecuzione in altro stato dell'Unione Europea - Concessione della misura - Prova dei presupposti di merito - Documentazione proveniente dall'interessato - Insufficienza - Conseguenze - Rigetto della domanda



La domanda di misura alternativa alla detenzione da eseguire in uno Stato estero membro dell’Unione Europea è astrattamente ammissibile a seguito  dell'entrata in vigore del d.lgs. 5 febbraio 2016 n. 238.

La domanda di misura alternativa alla detenzione da eseguire in uno Stato estero membro dell’Unione Europea, pur essendo astrattamente ammissibile, va rigettata in mancanza di accertamento dei relativi presupposti di merito, la cui prova non può essere fornita da mera documentazione proveniente dall’interessato o dal suo difensore. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


N° 2020/658     SIUS

N° 2019/481     SIEP Procura della Repubblica di Alessandria

  2020/3411  Reg. Ordinanze

 

IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA

PER IL DISTRETTO DELLA CORTE D’APPELLO DI TORINO

composto da:

1) Dott. Giuseppe Vignera - Presidente est.

2) Dott. Stefania Bologna - Magistrato di sorveglianza

3) Dott. Christiana Marchesin - Esperto componente

4) Dott. Giovanni Torrente - Esperto componente

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei confronti di R. S. (alias R. S.), nato in Tunisia il XXXX, elettivamente domiciliato in Castellammare di Stabia, Viale XXXX presso lo studio del difensore Avv. T. A. M. (di fiducia), nel procedimento di sorveglianza avente ad oggetto la concessione di misure alternative alla detenzione.

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1.- R. S. (alias R. S.) deve scontare una pena residua di anni 2, mesi 7, giorni 26 di reclusione (rispetto a quella iniziale di anni 2, mesi 8 di reclusione) in virtù di una condanna per riciclaggio accertato in Predosa (AL) il 20 febbraio 2016.

Dalla lettura della sentenza in esecuzione si desume che il predetto alle ore 10 di quel giorno veniva fermato dalla Polizia stradale di Ovada sull’autostrada A/26 perchè in occasione di un controllo sui veicoli diretti verso Genova per l’imbarco verso i Paesi del Nord-Africa, venivano rinvenuti sul furgone da lui guidato (occultati sotto delle coperte) dei ciclomotori smontati e privi di targa, dei quali si accertava la provenienza da furti commessi in Francia: ciclomotori destinati ad essere trasportati in Tunisia, essendo stato nell’occasione il R. trovato  (con effetti personali e con  il figlioletto) con un biglietto di sola andata per l’imbarco su una motonave della compagnia Grandi Navi Veloci  in partenza da Genova alle ore 15 dello stesso giorno.

In occasione di quel procedimento il soggetto non ha indicato alcun domicilio (né in Italia né in Francia né in Tunisia né altrove), limitandosi ad eleggere domicilio presso lo studio del Difensore, che all’epoca era l’Avv. B. del Foro di Alessandria.

In sede di notifica del decreto di sospensione dell’ordine di carcerazione, inoltre, il condannato è risultato irreperibile (irreperibilità dichiarata dal PM di Alessandria con decreto del 10 dicembre 2019).

Tramite il Difensore di fiducia Avv. T. A. M., il condannato ha richiesto l’affidamento in prova al servizio sociale  o la detenzione domiciliare (quest’ultima palesemente inammissibile perché la pena detentiva residua supera il limite di anni 2 ex art. 47-ter, comma 1-bis, O.P.), deducendo genericamente la regolarità della sua condotta successiva al reato accertato con la sentenza in esecuzione.

Si fa presente che con quell’istanza:

non è stata indicata alcuna abitazione dove eseguire la misura (né in Italia né all’estero), essendosi limitato l’istante ad eleggere domicilio presso lo studio del suo Difensore in Castellammare di Stabia;

non è stata rappresentata alcuna risorsa economica o affettiva;

non è stata rappresentata neppure alcuna attività di reinserimento sociale da svolgere durante l’esecuzione della misura.

Dal certificato penale risulta un precedente per violazione della normativa sull’immigrazione.

La Questura di Torino, oltre alle precedenti segnalazioni a carico del condannato, ha riferito che il soggetto (entrato irregolarmente in Italia nel 2009) è stato destinatario di diversi decreti di espulsione emessi dal Prefetto di Catania, rispetto ai quali è stato più volte segnalato in quanto inosservante.

La Questura di Alessandria, a sua volta, ha fatto presente che:

trattasi di soggetto privo di permesso di soggiorno;

il 20 febbraio 2016, in occasione della sua carcerazione presso la Casa circondariale di Alessandria ha fornito la seguente residenza “FRANCIA- BALUARD DE STALINGRAD”, senza alcun altro riferimento ed eleggendo domicilio presso l’Avv. B. di Alessandria;

in occasione di precedenti carcerazioni presso la Casa circondariale di Caltagirone (CT) aveva indicato di essere domiciliato “in * (CT), Via * (Senza Numero)”.

Su richiesta del Magistrato relatore il Comune di Mazzarrone in data 14 ottobre 2020 ha “certificato” che in quel Comune “non esiste la via *”.

Il 15 ottobre 2020 il Difensore ha trasmesso memoria contenente pure documentazione relativa ad asserite risorse (familiari, economiche ed abitative), di cui il R. disporrebbe in Francia.

L’UEPE di Napoli con nota in data 21 ottobre 2020 ha riferito che:

“relativamente alla persona in oggetto, si rappresenta che lo stesso, invitato a presentarsi in Ufficio per il giorno 21 ottobre 2020, non si è presentato”;

“contattato il suo legale Avv. T., ha riferito che il sig. R. vive in Francia e di aver già informato il magistrato di sorveglianza”.

 

2.- L’istanza di detenzione domiciliare va dichiarata inammissibile perchè la pena residua da espiare supera il limite (anni 2 di reclusione) fissato dall’art. 47-ter, comma 1-bis, OP.

 

3.1 – Quanto alla domanda di affidamento in prova al servizio sociale, ne va verificata preliminarmente l’ammissibilità.

La Corte di cassazione, invero, in una ancor recente decisione (e pur nel vigore del d. lgs. 15 febbraio 2016 n. 38, Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutivo, in G.U. n. 61 del 14 marzo 2016, entrato in vigore il 29 marzo 2016) ha affermato quanto segue: “La effettiva reperibilità sul territorio italiano è indispensabile ai fini dell'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale, poiché questa misura alternativa postula un contatto diretto fra la persona fisica dell'interessato ed il servizio sociale, al quale, ai sensi dell'art. 47, comma nono, Ord.Pen., compete di controllare la condotta del soggetto e di aiutarlo a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale: pertanto, il condannato che non sia sul territorio non permette al servizio sociale di svolgere il suo compito né rende possibile nemmeno alla polizia giudiziaria verificare l'osservanza delle prescrizioni. Correttamente il giudice ha motivato la sua decisione reiettiva: infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, cui il collegio aderisce, l'esecuzione della misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale implica il necessario svolgimento della stessa in Italia, in quanto i centri di servizio sociale per adulti sono deputati a svolgere solo in ambito nazionale la loro attività che, per le sue peculiarità e la sua specifica natura, non è ricompresa tra le funzioni statali esercitabili all'estero da parte di uffici consolari (Cass., Sez. 1, 27 marzo 2007, n. 18862, Magnani, Rv. 237363; Sez. 1, 28 aprile 1999, n. 3278, Di Tarante, Rv. 213724; Sez. 1, 26 ottobre 1999, n. 5895, Ceniti, Rv. 215027; Sez. 7, ord. N. 34747 del 11/12/2014, Rv. 264445). Il provvedimento impugnato appare conforme ai principi in precedenza enunciati (e a quelli costituzionali) laddove ha attribuito rilievo, ai fini del diniego dell'affidamento in prova al servizio sociale, alla circostanza che il ricorrente non si sia in alcun modo attivato per indicare in Italia una qualsiasi attività funzionale al suo reinserimento sociale. Parimenti agli stessi principi si può ricollegare la reiezione della istanza di detenzione domiciliare: né pare possibile aderire alla linea interpretativa che il ricorrente definisce come più sensibile alla tematica, ma che - contemplando autorelazioni sull'andamento della misura alternativa - contrasta con il disposto dell'art. 47 Ord.Pen.” (così in motivazione Cass. pen., Sez. I, sentenza 26 settembre 2017 n. 5408, Pres. Cortese, Est. Minchella, ric. Kanov, non massimata).

Stante la (supposta) non eseguibilità all’estero della misura, dovrebbe conseguirne logicamente l’inammissibilità (e non il rigetto: come era avvenuto, invece, nel caso esaminato dalla Suprema Corte) della domanda per carenza di interesse, non potendo essa “ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile” (per questa e ormai consolidata concezione dell’interesse ad agire v. esemplificativamente Cass. civ., Sez. lavoro, sentenza 17 maggio 2006 n. 11536, Rv. 589076; e ultimamente Cass. civ., Sez. lavoro, ordinanza 10 marzo 2020 n. 6753, Rv. 657430).

 

3.2 - Questo orientamento, tuttavia, deve considerarsi definitivamente superato (quanto meno rispetto alle misure da eseguire in uno Stato dell'Unione europea), essendosi affermato un diverso indirizzo giurisprudenziale a seguito dell’entrata in vigore  del suindicato d.lgs. n. 38 del 2016, alla stregua del quale è stato affermato quanto segue: “L'esecuzione dell'affidamento in prova al servizio sociale può aver luogo nello Stato dell'Unione europea ove il condannato sia residente (nella specie, Germania), qualora detto Stato abbia dato attuazione alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sull'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza, delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, recepita in Italia con d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, in quanto l'affidamento è assimilabile ad una "sanzione sostitutiva" ai sensi dell'art. 2, lett. e), di tale decreto, quale sanzione che "impone obblighi ed impartisce prescrizioni", compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono il contenuto del trattamento alternativo al carcere” (così Cass. pen., Sez. I, sentenza 25 maggio 2020 n. 16942, Mancinelli, Rv. 279144; nello stesso senso l’ancor più recente Cass. pen., Sez. I, sentenza 15 giugno 2020 n. 20977, Arrighi, Rv. 279338; nonché Cass. pen., Sez. I, sentenza 16 maggio 2018 n. 15091, Leonardi, Rv. 275807).

In coerenza con quest’ultimo insegnamento, pertanto, l’odierna domanda va considerata ammissibile: impregiudicata, ovviamente, l’ulteriore e diversa questione sulla sua fondatezza nel merito, che si passa a verificare.

 

4.1- L’istanza di affidamento in prova al servizio sociale (pur ammissibile) va rigettata nel merito.

A determinare il rigetto basterebbe di già (e mancando altri concreti elementi di giudizio) la “diserzione” del condannato alla convocazione dispostane dall’UEPE   (cfr.  Cass. pen. Sez. I, sentenza 15 giugno 2020 n. 20977, Arrighi, Rv. 279338, nella cui motivazione sta scritto che: “è evidente che l'eventuale mancata collaborazione, anche conseguente alla assenza dal territorio nazionale, da parte del condannato istante all'indagine dell'Ufficio esecuzione penale esterna potrà concorrere a giustificare il rigetto, nel merito, della richiesta”).

In aggiunta può osservarsi quanto segue:

nulla si sa sulla condotta di vita del soggetto dopo il suo fermo del 20 febbraio 2016 e la sua scarcerazione avvenuta 4 giorni dopo;

in sede di notifica del decreto di sospensione dell’ordine di carcerazione il predetto è stato dichiarato irreperibile;

nell’istanza introduttiva del presente procedimento  non è stata indicato alcun domicilio (né in Italia né in Francia né altrove) ai fini dell’eventuale esecuzione della misura richiesta, rendendo ciò assai difficoltosi (anzi impossibili) una tempestiva indagine socio-familiare e soprattutto gli accertamenti di polizia sull’idoneità del domicilio stesso;

durante le sue carcerazioni nella Casa circondariale di Caltagirone il predetto si è … preso gioco delle Istituzioni italiane, indicando un domicilio (Via * in *) totalmente inesistente;

il predetto non ha mai ottemperato ai diversi decreti di espulsione, di cui è stato destinatario.

In conclusione: del R. si può dire soltanto che trattasi di persona dall’assai dubbia affidabilità, di cui si conoscono con certezza soltanto le sue vicissitudini giudiziarie. Null’altro!

Manca, pertanto, nella fattispecie quel minimun (l’affidabilità del soggetto) costituente la condicio sine qua non per la concessione di una qualsivoglia misura alternativa e a fortiori per la concessione di un affidamento in prova al servizio sociale: che anzi, costituendo la più “ampia” delle misure alternative, presuppone (oltrechè l’affidabilità della persona) anche lo svolgimento di “idonee e certe” attività di reinserimento sociale e soprattutto l’esistenza di “concreti e certi” elementi sintomatici dell’evoluzione della personalità del condannato verso modelli esistenziali socialmente adeguati: attività ed elementi nella fattispecie insussistenti (cfr. Cass. pen., Sez. I, sentenza 26 maggio 2020 n. 19282, Carusi, nella cui motivazione sta scritto quanto segue: “Il giudizio in merito alla ammissione all'affidamento si basa, dunque, sull'osservazione dell'evoluzione della personalità registratasi successivamente al fatto-reato, nella prospettiva di un ottimale reinserimento sociale … Il processo di emenda deve essere significativamente avviato, ancorché non sia richiesto il già conseguito ravvedimento, che caratterizza il diverso istituto della liberazione condizionale, previsto dal codice penale …Se il presupposto dell'emenda non è riscontrato, o non lo è nella misura reputata adeguata, il condannato, qualora lo consentano il limite di pena — diversamente stabilito con riferimento alle varie ipotesi disciplinate dall'art. 47- ter legge 26 luglio 1975, n. 354 — ed il titolo di reato, può essere comunque ammesso alla detenzione domiciliare, alla sola condizione che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati”).

 

4.2 - Le superiori conclusioni non possono essere modificate alla stregua della memoria difensiva trasmessa dal Difensore in data 15 ottobre 2020, contenente pure documentazione relativa ad asserite risorse (familiari, economiche, abitative ecc.), di cui il R. disporrebbe in Francia.

Quella documentazione, invero, è assolutamente inidonea a comprovare le dedotte risorse del condannato, trattandosi di fotocopie di atti redatti in lingua francese, spesso privi persino di sottoscrizione (come, ad esempio, le dichiarazioni relative al paiement e al  contrat de travail), non tradotti né autenticati: e, quindi, privi di ogni certezza legale.

 

4.3 - Mette conto, infine, rimarcare che né il d.lgs. 38/2016 né la pronunce della Corte di cassazione intervenute in subiecta materia chiariscono come la magistratura di sorveglianza possa accertare la concreta sussistenza delle condizioni per la concessione della misura da eseguire all’estero e, in particolare (con specifico riferimento alla misura richiesta dal R.), dell’affidamento in prova al servizio sociale: in ordine, per esempio, all’atteggiamento del condannato rispetto al reato, all’avvio di un percorso di revisione critica, alla condotta successiva al reato accertato con la sentenza in esecuzione, alla “effettività” della dedotta risorsa lavorativa, all’affidabilità del datore di lavoro (sia per quanto concerne la “solidità” economico-finanziaria dell’impresa sia per quanto concerne la regolarità nel pagamento dei contributi assicurativi e previdenziali), alle eventuali frequentazioni “controindicate” del soggetto, alla “effettività” ed alla idoneità dell’abitazione indicata per l’esecuzione della misura et cetera.

E’ di palmare evidenza, infatti, che i relativi accertamenti non possono essere eseguiti all’estero:

né dagli UEPE (quale, del resto, tra i vari UEPE italiani sarebbe quello territorialmente competente?);

né tramite l’Ispettorato del lavoro (e quale tra i vari Ispettorati del lavoro sarebbe quello territorialmente competente?);

né tramite Polizia giudiziaria;

né tramite i Consolati italiani (non rientrando tali accertamenti tra le funzioni e/o i servizi consolari previsti dalla normativa in vigore: v. da ultimo il d.lgs. 3 febbraio 2011 n. 71).

E, del resto, a quale Consolato ci si dovrebbe rivolgere quando il condannato è (come nella fattispecie) cittadino extracomunitario?

Né, infine, potrebbe affermarsi che agli effetti de quibus (concessione di misure alternative da eseguire all’estero) sarebbe sufficiente una … “autocertificazione” o addirittura una … “autorelazione” dell’interessato e/o del suo Difensore sulla sussistenza di quelle risorse: il che, invero, sarebbe sconcertantemente irragionevole e persino contrario al principio di eguaglianza, derivandone un ingiustificato “privilegio” per chi intende eseguire la misura all'estero, il quale (a differenza di chi la deve eseguire in Italia) potrebbe contare su una pressoché automatica concessione della misura!

Gli è che, in mancanza di disposizioni legislative o regolamentari attuative del d.lgs. 38/2016 (che prevedano, per esempio, l’istituzione di uffici ad hoc e/o la possibilità di avvalersi di uffici stranieri) quel d.lgs. è destinato a restare inefficace: sempre o quasi.

 

P.Q.M.

rigetta l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale e dichiara inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare.

Manda alla Cancelleria di comunicare la presente ordinanza alla competente Procura della Repubblica ai fini dell’immediata revoca del decreto di sospensione dell’esecuzione ex art. 656, comma 8, c.p.p.

Torino, 28 ottobre 2020

Il Presidente estensore

Dr. Giuseppe Vignera

 

 

Depositato in Cancelleria oggi, 29 ottobre 2020

Torino, 29 ottobre 2020

Il Cancelliere

Dr. Guido Gianetto