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Wednesday 03 February 2021
Fallimento e leasing: applicazione della nuova disciplina e trattamento del credito del concedente.
Fallimento – Risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell’utilizzatore verificatasi in data anteriore alla l. n. 124 del 2017 – Successivo fallimento dell’utilizzatore – Applicazione analogica dell’art. 72 quater l. fall. – Ammissibilità – Esclusione – Insinuazione al passivo del concedente – Oneri di allegazione e prova.
La legge n. 124 del 2017 (art. 1, commi 136-140) non ha effetti retroattivi e trova, quindi, applicazione per i contratti di leasing finanziario in cui i presupposti della risoluzione per l’inadempimento dell’utilizzatore (previsti dal comma 137) non si siano ancora verificati al momento della sua entrata in vigore; sicchè, per i contratti risolti in precedenza e rispetto ai quali sia intervenuto il fallimento dell’utilizzatore soltanto successivamente alla risoluzione contrattuale, rimane valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, dovendo per quest’ultimo social-tipo negoziale applicarsi, in via analogica, la disciplina di cui all’art. 1526 c.c.. e non quella dettata dall’art. 72-quater l.f., rispetto alla quale non possono ravvisarsi, nella specie, le condizioni per il ricorso alla analogia legis, né essendo altrimenti consentito giungere in via interpretativa ad una applicazione retroattiva della l. n. 124 del 2017.
In base all’art. 1526 c.c., in caso di fallimento dell’utilizzatore, il concedente che aspiri a diventare creditore concorrente ha l’onere di formulare una completa domanda di insinuazione al passivo, ex art. 93 l.f., in seno alla quale, invocando ai fini del risarcimento del danno l’applicazione dell’eventuale clausola penale stipulata in suo favore, dovrà offrire al giudice delegato la possibilità di apprezzare se detta penale sia equa ovvero manifestamente eccessiva, a tal riguardo avendo l’onere di indicare la somma esattamente ricavata dalla diversa allocazione del bene oggetto di leasing, ovvero, in mancanza, di allegare alla sua domanda una stima attendibile del valore di mercato del bene medesimo al momento del deposito della stessa. (massima ufficiale)
Cassazione Sez. Un. Civili, 28 January 2021, n. 2061.
Thursday 10 December 2020
Sul giudicato esclusivamente endofallimentare del provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al passivo avanzata dal concedente in leasing in virtù di una clausola contrattuale derogativa dell’art. 1526 c.c..
Locazione Finanziaria – Leasing traslativo – Pattuizione in deroga all’art. 1526 c.c. – Ammissibilità
Fallimento – Accertamento dello stato passivo – Rigetto della domanda di ammissione al passivo per presunta inefficacia della clausola in deroga all’art. 1526 c.c. – Mancata impugnazione del rigetto – Giudicato rispetto alla domanda di restituzione dei canoni di leasing esercitata dal Fallimento in un diverso giudizio ai sensi dell’art. 1526 c.c. – Esclusione.
Nel contratto di leasing traslativo sono ammissibili le pattuizioni che, in deroga all’art. 1526 c.c., stabiliscono l’irrepetibilità dei canoni già versati e la detrazione dalle somme dovute del ricavato della vendita del bene, fatto salvo il risarcimento del danno (Nel caso di specie il contratto aveva ad oggetto una clausola c.d. “scaduto+scadere-valore” del bene).
Il giudicato endofallimentare copre soltanto la statuizione di rigetto o di accoglimento della domanda di ammissione al passivo, precludendone il riesame, mentre non si estende alle eventuali pretese vantate dal curatore nei confronti del creditore, che non formano oggetto della pronuncia del giudice delegato (Nel caso di specie la Cassazione ha stabilito che il provvedimento di rigetto della domanda di ammissione al passivo avanzata dal concedente in leasing in virtù di una clausola contrattuale derogativa dell’art. 1526 c.c. non possiede alcuna efficacia di giudicato nel giudizio ordinario intentato dalla curatela fallimentare al fine di ottenere, a norma dello stesso art. 1526 c.c., la restituzione dei canoni di leasing corrisposti dall’utilizzatore poi fallito). (Emanuele Rossi) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 03 December 2020, n. 27709.
Wednesday 21 October 2020
Quando è possibile pattuire la rinuncia del conduttore all’eccezione di compensazione in riferimento al deposito cauzionale.
Locazione – Ad uso diverso da abitazione – Clausola di rinuncia del conduttore all’eccezione di compensazione in riferimento al deposito cauzionale – Ammissibilità.
Nel contratto di locazione ad uso diverso da abitazione è possibile pattuire la rinuncia del conduttore all’eccezione di compensazione in riferimento al deposito cauzionale, clausola, questa, con al quale le parti hanno perseguono lo scopo di impedire un utilizzo del deposito cauzionale non conforme alla sua funzione di garanzia quanto alle condizioni in cui viene restituito l’immobile al momento del rilascio. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 01 October 2020, n. 20975.
Tuesday 24 March 2020
Locazione finanziaria e leasing traslativo: ai fatti pregressi si applica l’art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 ?.
Locazione finanziaria - Leasing traslativo - Risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore - Applicabilità dell’art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 ai fatti pregressi - Applicabilità in via analogica di norma sopravvenuta alla fattispecie.
La Terza Sezione civile ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite delle seguenti questioni di massima di particolare importanza:
a) «se l’interpretazione dell’art. 1, commi 136-140, della legge 4.8.2017 n. 124, secondo cui tale norma imporrebbe di abbandonare (anche per i fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore) il tradizionale orientamento che applica alla risoluzione del leasing traslativo l’art. 1526 c.c., sia coerente coi principi comunitari di certezza del diritto e tutela dell’affidamento»;
b) «se possa applicarsi in via analogica, anche solo per analogia iuris, una norma inesistente al momento in cui venne ad esistenza la fattispecie concreta non prevista dall’ordinamento; ed in caso affermativo se, con riferimento al caso di specie, tale norma da applicarsi in via analogica possa ravvisarsi nell’art. 72 quater l.fall.». (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. III, 25 February 2020, n. 5022.
Friday 23 October 2020
Insinuazione allo stato passivo: efficacia probatoria delle 'date valuta' risultanti dagli estratti conto bancari relativi al contratto di leasing.
Insinuazione al passivo - Contratto di leasing - Estratti conto bancari - “Data valuta” - Data certa - Esclusione - Ragioni.
In tema di insinuazione allo stato passivo, le "date valuta" risultanti dagli estratti conto bancari relativi al contratto di leasing, non sono idonee a provare il tempo in cui le relative operazioni sono state realmente effettuate, né a conferire data certa alle stesse, essendo nella prassi bancaria utilizzate dette date in maniera convenzionale per postergare il tempo di effettuazione dei versamenti ed antergare invece quello dei prelievi. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. VI, 25 February 2020, n. 4953.
Thursday 27 February 2020
Applicazione al leasing traslativo della disciplina inderogabile di cui all'art. 1526 c.c..
Locazione finanziaria - Risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore - Leasing traslativo - Disciplina prevista dall’art. 1526 c.c. per la vendita con riserva di proprietà - Applicabilità - Equo compenso - Nozione - Cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene - Esclusione.
L'applicazione al leasing traslativo della disciplina di carattere inderogabile di cui all'art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva della proprietà comporta, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la restituzione dei canoni già corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell'utilizzo dei beni, tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi. Ne consegue che il concedente, mantenendo la proprietà della cosa ed acquisendo i canoni maturati fino al momento della risoluzione, non può ottenere un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. III, 24 January 2020, n. 1581.
Tuesday 18 February 2020
Leasing traslativo, inadempimento dell'utilizzatore, diritto alla restituzione del bene e onere della prova.
Leasing traslativo - Inadempimento dell'utilizzatore - Diritto alla restituzione del bene - Prova dell'avvenuta restituzione - Onere dell'utilizzatore.
In tema di leasing traslativo, in caso di inadempimento dell'utilizzatore, il concedente ha sempre diritto alla restituzione del bene, gravando sul primo l'onere di provare di avervi provveduto. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. III, 15 January 2020, n. 519.
Saturday 23 November 2019
In caso di scioglimento per mutuo consenso del leasing traslativo non trova applicazione l'art. 1526 c.c..
Locazione finanziaria – Leasing traslativo – Risoluzione contrattuale del contratto – Art. 1526 c.c. – Applicabilità – Esclusione – Fondamento – Conseguenze.
In caso di scioglimento per mutuo consenso del contratto di leasing traslativo non trova applicazione - nemmeno in via analogica - il disposto dell'art. 1526 c.c. (che prevede il ripristino delle originarie posizioni delle parti attraverso la restituzione all'utilizzatore delle rate versate e il riconoscimento al concedente del diritto all'equo compenso per l'uso del bene), mancando il presupposto dell'inadempimento imputabile all'utilizzatore determinante la risoluzione, sicchè l'accordo solutorio - ove non contenga ulteriori previsioni concernenti il rapporto estinto - produce il solo effetto di liberare i contraenti dall'obbligo di eseguire le ulteriori prestazioni ancora dovute in virtù del contratto risolto. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. III, 31 October 2019, n. 27999.
Thursday 21 November 2019
Risoluzione del contratto di leasing e applicazione dell’articolo 1, comma 138 della Legge n. 142 del 2017.
Risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore in data anteriore alla entrata in vigore della Legge n. 124 del 2017 - Applicabilità della nuova disciplina
Contratto di leasing - Penale - Mancata riconsegna del bene - Contemperamento degli interessi del concedente e dell’utilizzatore - Principi di buona fede e correttezza.
La disciplina tipica del contratto di leasing introdotta dalla Legge n. 124 del 2017 deve ritenersi applicabile anche ai contratti risolti prima della sua entrata in vigore.
Trattandosi di normativa volta a regolare in via generale gli effetti economici della risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, deve ritenersi infatti che essa sia applicabile anche nei giudizi in corso, pur se pendenti nella fase di legittimità, essendo sufficiente che la nuova disciplina interferisca con questioni ancora dibattute tra le parti.
L’articolo 1, comma 138, L. n. 124/2017 afferma il diritto dell’utilizzatore sul ricavato della vendita del bene oggetto del contratto di leasing e stabilisce che il concedente debba corrispondere in favore del primo tale ricavato dedotte le somme pari all'ammontare dei canoni scaduti, del capitale a scadere, del prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale e degli ulteriori crediti maturati sino alla vendita; viene così implicitamente stabilita una postergazione del diritto di credito della concedente all’avvenuta collocazione sul mercato del bene.
Tale meccanismo, però, funziona e ha un senso solo se l’utilizzatore restituisce il bene. Evidenti ragioni di logica e un’interpretazione della nuova disciplina ispirata ai principi di buona fede e correttezza impediscono un’applicazione della normativa che consenta all’utilizzatore di beneficiare dei propri inadempimenti per bloccare il tutto e impedire alla concedente l’incasso dei canoni scaduti, di quelli a scadere e delle restanti somme che le spettano.
La restituzione del bene è invece il presupposto per l’esercizio dei diritti da parte dell’utilizzatore; ove questa non sia avvenuta, non si può in alcun modo ostacolare il diritto della concedente al pagamento della penale contrattuale. (Andrea Santambrogio) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. III, 12 September 2019, n. 22731.
Friday 14 February 2020
Sale&lease back e divieto di patto commissorio.
Sale&lease back - Divieto di patto commissorio - Nullità della vendita con patto di riscatto - Rafforzamento della posizione del creditore.
Va ribadita la sanzionabilità in termini di nullità della vendita con patto di riscatto (o di retrovendita, o, più in generale, di tutte quelle alienazioni ove l'adempimento del sottostante debito funga da condizione sospensiva ovvero risolutiva ovvero anche di leasing finanziario "puro" collegato ad una compravendita) che, risultando inserite in un più complesso tessuto negoziale, caratterizzato dalla preesistenza di un rapporto credito-debito tra venditore ed acquirente, siano "piegate" al perseguimento non già di un trasferimento di proprietà, bensì di un rafforzamento, in funzione di subordinazione e di accessorietà rispetto al mutuo, della posizione del creditore, suscettibile di determinare la (definitiva) acquisizione della proprietà stessa sul bene in caso di inadempimento del debito garantito (così realizzando il risultato giuridico ed economico vietato dall'art. 2744 c.c.).
Quanto agli elementi sintomatici idonei a disvelare la consumazione di una siffatta operazione fraudolenta, più che l'indagine sull'atteggiamento soggettivo delle parti, va piuttosto predicata la necessità di accertamenti di dati obiettivi, quali la presenza di un rapporto credito-debito preesistente o contestuale alla vendita e, soprattutto, la sproporzione tra entità del debito e valore del bene alienato in garanzia (significativo indice della presenza di un illegittimo vulnus alla libera determinazione volontaristica del debitore). Ogni profilo di illiceità è invece escluso, pur in presenza di costituzioni di garanzie che presuppongano un trasferimento di proprietà, qualora queste risultino integrate entro schemi negoziali che tale abuso escludono in radice, come nel caso del pegno irregolare, del riporto finanziario e del c.d. patto marciano, in virtù del quale, come è noto, al termine del rapporto si procede alla stima, ed il creditore, per acquisire il bene, è tenuto al pagamento dell'importo eccedente l'entità del credito. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 12 July 2019, n. 18791.
Friday 01 November 2019
Leasing finanziario: risoluzione in data anteriore al fallimento, disciplina applicabile e art. 177 CCI.
Fallimento – Leasing finanziario – Risoluzione – In data anteriore al fallimento – Disciplina applicabile
Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza – Leasing – Risoluzione – Disciplina – Stima del giudice delegato.
Gli effetti della risoluzione del contratto di leasing finanziario per inadempimento dell'utilizzatore, verificatasi in data anteriore alla data di entrata in vigore della L. 124 del 2017 (art. 1, commi 136- 140), sono regolati dalla disciplina della L. Fall., art. 72-quater, applicabile anche al caso di risoluzione del contratto avvenuta prima della dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore.
In caso di fallimento dell'utilizzatore, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene e dovrà insinuarsi al passivo fallimentare per poter vendere o allocare il bene e trattenere, in tutto o in parte, l'importo incassato.
La vendita avverrà a cura dello stesso concedente, previa stima del valore di mercato del bene disposta dal giudice delegato in sede di accertamento del passivo.
Sulla base del valore di mercato del bene, come stabilito mediante la stima su menzionata, sarà determinato l'eventuale credito della curatela nei confronti del concedente o il credito, in moneta fallimentare, di quest'ultimo, corrispondente alla differenza tra il valore del bene ed il suo credito residuo, pari ai canoni scaduti e non pagati ante fallimento ed ai canoni a scadere, in linea capitale, oltre al prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione.
Eventuali rettifiche, sulla base di quanto effettivamente realizzato dalla vendita del bene, potranno farsi valere in sede di riparto.
Il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato nella G.U. del 14 febbraio 2019), all'art. 177, detta una disciplina della locazione finanziaria pienamente coerente con la disciplina della L. Fall., art. 72-quater e della L. n. 124 del 2017, prevedendo che nella liquidazione giudiziale del patrimonio dell'utilizzatore, in caso di scioglimento del contatto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela fallimentare l'eventuale differenza tra la maggiore somma ricavata dalla vendita a valori di mercato, dedotta una somma pari all'ammontare di eventuali canoni scaduti e non pagati fino alla data dello scioglimento e dei canoni a scadere, solo in linea capitale, oltre al prezzo pattuito per l'esercizio dell'opzione finale di acquisto.
La medesima disposizione, al comma 2, prevede che il concedente ha diritto di insinuarsi allo stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data di apertura della liquidazione giudiziale e quanto ricavabile dalla nuova allocazione del bene secondo la stima disposta dal giudice delegato. Viene dunque espressamente prevista la stima del giudice delegato quale necessario presidio per determinare il valore di mercato del bene, già desumibile dall'attuale sistema della legge fallimentare, seppure non esplicitata nella disposizione della L. Fall., art. 72-quater. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. I, 10 July 2019, n. 18543.
Thursday 25 July 2019
In prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori.
Contratto di leasing immobiliare – Interessi – Usura – Esclusione della sommatoria degli interessi corrispettivi agli interessi moratori.
Gli interessi convenzionali di mora non sfuggono alla regola generale per cui, se pattuiti ad un tasso eccedente quello stabilito dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 2, comma 4, vanno qualificati ipso iure come usurari, ma in prospettiva del confronto con il tasso soglia antiusura non è corretto sommare interessi corrispettivi ed interessi moratori. Tale conclusione è determinata dal fatto che i due tassi sono alternativi tra loro e si riferiscono a basi di calcolo diverse: il tasso corrispettivo si calcola sul capitale residuo, il tasso di mora si calcola sulla rata scaduta. (Giuseppe Caramia) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. III, 28 June 2019, n. 17447.
Friday 25 October 2019
Usura: interessi corrispettivi scaduti capitalizzati nella rata e anatocismo.
Usura – Verifica del superamento del tasso soglia – Interessi di mora – Interessi corrispettivi scaduti vegano capitalizzati nella rata – Anatocismo.
Ove gli interessi corrispettivi scaduti vegano capitalizzati nella rata non pagata e su questa sia calcolato l’interesse di mora, si verifica una forma di anatocismo che assume rilievo ai fine della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura.
[Nel caso di specie, la rata del canone del contratto di leasing e sulla quale sono stati calcolati gli interessi di mora era già comprensiva degli interessi corrispettivi.] (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
“… non è stato confutato dalla ricorrente che i canoni non corrisposti fossero stati calcolati, a differenza di quanto statuito dalla sentenza gravata, attraverso il conteggio di interessi moratori sugli interessi scaduti, cioè sulla rata di canone, già precedentemente capitalizzata a titolo di interessi corrispettivi. In tal caso, ma solo in tal caso, sarebbe stato possibile lamentare che il tasso effettivamente applicato avesse superato il tasso soglia per essere stati i singoli canoni, già comprensivi degli interessi corrispettivi, maggiorati ad ogni scadenza degli interessi moratori (c.d. tesi dell'effettività: usura effettiva e a posteriori) (sono questi i casi cui la giurisprudenza di legittimità si riferisce quando ritiene che la questione dell'accertamento sub specie usurae non possa liquidarsi sbrigativamente escludendo che gli interessi moratori si sommino a quelli corrispettivi: Cass. 04/10/2017, n. 23912; Cass. 06/03/2017, n. 598; né argomenti in senso contrario possono trarsi dalla decisione n. 350 del 9/01/2013, con cui, aderendo ad un precedente orientamento, la Corte ha ribadito che, "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p., e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29: "il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione - l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori"). Per non ingenerare equivoci deve sottolinearsi che tale situazione è ben distinta e diversa da quella che inconferentemente la società ricorrente — non è stato confutato dalla ricorrente che i canoni non corrisposti fossero stati calcolati, a differenza di quanto statuito dalla sentenza gravata, attraverso il conteggio di interessi moratori sugli interessi scaduti, cioè sulla rata di canone, già precedentemente capitalizzata a titolo di interessi corrispettivi. In tal caso, ma solo in tal caso, sarebbe stato possibile lamentare che il tasso effettivamente applicato avesse superato il tasso soglia per essere stati i singoli canoni, già comprensivi degli interessi corrispettivi, maggiorati ad ogni scadenza degli interessi moratori (c.d. tesi dell'effettività: usura effettiva e a (sono questi i casi cui la giurisprudenza di legittimità si riferisce quando ritiene che la questione dell'accertamento non possa liquidarsi sbrigativamente escludendo che gli interessi moratori si sommino a quelli corrispettivi: Cass. 04/10/2017, n. 23912; Cass. 06/03/2017, n. 598; né argomenti in senso contrario possono trarsi dalla decisione n. 350 del 9/01/2013, con cui, aderendo ad un precedente orientamento, la Corte ha ribadito che, "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p., e dell'art. 1815 c.c., comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori (Corte cost. 25 febbraio 2002 n. 29: "il riferimento, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, agli interessi a qualunque titolo convenuti rende plausibile - senza necessità di specifica motivazione - l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori"). Per non ingenerare equivoci deve sottolinearsi che tale situazione è ben distinta e diversa da quella che inconferentemente la società ricorrente sembra ipotizzare e cioè che gli interessi moratori rilevino nel sindacato usurario per il sol fatto di essere stati promessi/convenuti oltre soglia (tesi della potenzialità, che consentirebbe al contraente di dolersi della pattuizione di interessi moratori a prescindere dal suo attuale inadempimento). In altre parole, preso atto della ricorrenza di un doppio tasso, uno attuale, quello corrispettivo, ed uno sospensivamente condizionato al ritardo e da esso decorrente, quello moratorio, si porrebbe in tal caso il problema della sorte della pattuizione relativa a tale secondo tasso che comporta costi solo eventuali: problema che la giurisprudenza di questa Corte risolve sanzionando la clausola relativa alla pattuizione degli interessi moratori ove determinati ad un tasso sopra soglia e non già come preteso dal ricorrente trasformando forzosamente, a vantaggio dell'inadempiente, il contratto da oneroso a gratuito. Ragionando in via ipotetica — perché si ripete, nel caso di specie, neppure si pone il problema della richiesta di pagamento di costi eventuali — la capacità in potenza moratoria degli interessi (eventuali) verrebbe risolta colpendo esclusivamente la relativa pattuizione: Cass., 15/09/2017, n. 21470X sembra ipotizzare e cioè che gli interessi moratori rilevino nel sindacato usurario per il sol fatto di essere stati promessi/convenuti oltre soglia (tesi della potenzialità, che consentirebbe al contraente di dolersi della pattuizione di interessi moratori a prescindere dal suo attuale inadempimento). In altre parole, preso atto della ricorrenza di un doppio tasso, uno attuale, quello corrispettivo, ed uno sospensivamente condizionato al ritardo e da esso decorrente, quello moratorio, si porrebbe in tal caso il problema della sorte della pattuizione relativa a tale secondo tasso che comporta costi solo eventuali: problema che la giurisprudenza di questa Corte risolve sanzionando la clausola relativa alla pattuizione degli interessi moratori ove determinati ad un tasso sopra soglia e non già come preteso dal ricorrente trasformando forzosamente, a vantaggio dell'inadempiente, il contratto da oneroso a gratuito. Ragionando in via ipotetica — perché si ripete, nel caso di specie, neppure si pone il problema della richiesta di pagamento di costi eventuali — la capacità in potenza moratoria degli interessi (eventuali) verrebbe risolta colpendo esclusivamente la relativa pattuizione: Cass., 15/09/2017, n. 21470. …”
Cassazione civile, sez. III, 28 June 2019, n. 17447.
Wednesday 10 July 2019
La clausola di variabilità del canone (c.d. indicizzazione) nel contratto di leasing deve essere conoscibile alle parti e consentire di determinare ex ante il risultato economico.
Determinabilità dell’oggetto del contratto – Clausola d’indicizzazione al Libor e clausola di indicizzazione al cambio Euro / CHF – Difficoltà di calcolo: irrilevanza – Determinabilità ex ante: rilevanza – Difetto, conseguenza: sussiste nullità della prestazione addebitata.
La formulazione di una clausola contrattuale d’indicizzazione contenuta in un contratto di leasing che non consenta di determinare ex ante il risultato economico della prestazione dovuta alla stregua della stessa è nulla, poiché deve ritenersi non determinabile l’oggetto del contratto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1418 e 1346 c.c., non rilevando che, di fatto, ossia a una verifica ex post, lo scostamento tra le varie possibili soluzioni di calcolo consentite dalla formula contrattuale appaia ridotto.
La prestazione economica dovuta in base ad una clausola contrattuale che preveda un meccanismo di sua indicizzazione, quantunque integrabile “per relationem” con riferimento agli indici oggetto di loro rilevazione futura, deve comunque - a pena di nullità per indeterminabilità dell’oggetto del contratto - prevedere e descrivere ex ante il criterio per determinare con esattezza ed in modo univoco gli importi che da essa discenderanno, non potendo lasciare invece aperte – in ragione della possibilità di optare per l’una o l’altra diversa formula di calcolo parimenti compatibile con la descrizione contrattuale della clausola ed a parità dei fattori oggetto d’inserimento al momento del loro venire ad esistenza – diverse soluzioni di risultato.
Avendo nel caso di specie la CTU esperita nel giudizio di merito rilevato che, alla stregua della formulazione della clausola contrattuale di cosiddetta indicizzazione, erano praticabili diversi criteri (formule) per arrivare al risultato del calcolo e che il ricorso a ciascuno di essi portava a risultati diversi riguardo alla prima delle due componenti di variabilità prevista dalla clausola (quella legata all’indice monetario cosiddetto Libor), tale indeterminatezza e conseguente nullità si riverbera, per vincolo funzionale e conseguente vizio derivato, anche in ordine alla prestazione che sarebbe dovuta per effetto del secondo meccanismo di variabilità del canone parimenti previsto dalla stessa clausola (quello legato al variare del tasso di cambio tra euro e franco svizzero), posto che la prima componente determina il contenuto anche della seconda, per essere essa un fattore di calcolo costituente elemento anche di quest’ultima. (nel senso che se dall’oggetto di una clausola dipende l’oggetto di un’altra, e il primo oggetto è indeterminabile, ne consegue che è indeterminabile, per nullità derivata, anche l’oggetto della seconda). (Marco Pedrett) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. III, 25 June 2019, n. 16907.
Thursday 27 June 2019
Leasing traslativo: la clausola contrattuale che pone a carico dell'utilizzatore il rischio di perdita del bene non ha carattere vessatorio.
Locazione finanziaria - Clausola prevedente la responsabilità dell'utilizzatore in caso di perdita della cosa - Carattere vessatorio - Esclusione - Fondamento.
In tema di leasing traslativo, la clausola contrattuale che pone a carico dell'utilizzatore il rischio per la perdita del bene oggetto del contratto non ha carattere vessatorio, poiché si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in conformità della disciplina legale desumibile - in via analogica - dall'art. 1523 c.c. sulla vendita a rate con riserva della proprietà. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. III, 23 May 2019, n. 13956.
Wednesday 05 June 2019
Risoluzione del contratto di leasing: la soggettività passiva ai fini Imu è in capo alla società concedente.
Leasing – Risoluzione del contratto – Soggetto passivo IMU – Società concedente.
Dal chiaro dettato normativo contenuto nel D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, ove si precisa che nel leasing soggetto passivo Imu è il locatario per tutta la durata del contratto, ne discende che con la risoluzione del contratto di leasing la soggettività passiva ai fini Imu si determina in capo alla società concedente, anche se essa non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell'utilizzatore. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. V, tributaria, 22 May 2019, n. 13793.
Thursday 23 May 2019
Se il contratto di leasing si è risolto per inadempimento dell’utilizzatore prima del suo fallimento si applica l'art. 1526 c.c..
Leasing – Fallimento – Risoluzione del contratto ante fallimento – Applicazione dell’art. 72quater l.f. – Esclusione.
Se il contratto di leasing si è risolto, per inadempimento dell’utilizzatore, prima del suo fallimento, si applica l'art. 1526 c.c. invece che l’art. 72-quater l.fall., poiché questa norma, avente carattere eccezionale, presuppone lo scioglimento del contratto per volontà del curatore e quale conseguenza del fallimento.
La necessità di un'esegesi restrittiva della norma fallimentare, dunque, non consente di ritenere superata la distinzione tra leasing finanziario e leasing traslativo, con le differenti conseguenze che da essa derivano nel caso di risoluzione del contratto per inadempimento. (Pietro Gobio Casali) (riproduzione riservata)
Cassazione civile, sez. VI, 17 May 2019, n. 10733.
Wednesday 04 September 2019
Risoluzione del contratto di leasing verificatasi prima della dichiarazione di fallimento.
Leasing - Risoluzione del contratto ante fallimento - Art. 1526 c.c. - Applicabilità - Esclusione - Art. 72 quater l. fall. - Applicabilità - Fondamento.
In seguito all'entrata in vigore dell'art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017, gli effetti della risoluzione del contratto di leasing, verificatasi anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore, devono essere regolati sulla base di quanto previsto dall'art. 72 quater l. fall., che ha carattere inderogabile e prevale su eventuali difformi pattuizioni delle parti. (massima ufficiale)
Cassazione civile, sez. I, 10 May 2019, n. 12552.
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